L’analisi

In Corea del Sud i conservatori non convincono più

Nelle elezioni legislative esce sconfitto il presidente Yoon Suk-yeol, a pesare non solo questioni interne ma anche le posizioni prese al di fuori dei confini

  • 11.04.2024, 17:16
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Il popolo ha voltato le spalle al leader conservatore

  • reuters
Di: Lorenzo Lamperti 

Se le elezioni legislative in Corea del Sud erano un referendum sul presidente Yoon Suk-yeol, come molti analisti hanno raccontato alla vigilia, l’esito è stato molto chiaro: il leader conservatore non gode più della fiducia della maggioranza della popolazione. Raramente un voto legislativo è stato più importante, come dimostra l’affluenza del 67%, il dato più alto dal 1992. Questo perché le urne sono arrivate in un momento delicatissimo per Seul, sia sul piano interno che su quello internazionale. Negli ultimi due anni la già forte polarizzazione tra i conservatori del Partito del potere popolare e i progressisti del Partito democratico si è acutizzata. Un’incredibile successione di scandali si è intrecciata con l’innalzamento delle tensioni con la Corea del Nord, nonché con la complicata svolta in politica estera spinta dalle conseguenze della guerra in Ucraina.

Il “Bernie Sanders sudcoreano”

A uscire vincitore da mesi di veleni è stato il leader dell’opposizione Lee Jae-myung. Soprannominato il “Bernie Sanders sudcoreano” per le sue posizioni radicali sulle politiche sociali, è sopravvissuto a un accoltellamento subito durante un comizio a gennaio, episodio drammatico ma che pare averlo favorito alle urne. Il suo Partito democratico ha conquistato 176 dei 300 seggi dell’Assemblea nazionale, il Parlamento unicamerale. Aggiungendo quelli del suo partito satellite Nuovo Futuro e del neonato Partito della Ricostruzione, fondato dall’ex ministro della Giustizia Cho Kuk, si arriva a 192. Solo 108 quelli per la maggioranza conservatrice, che a questo punto avrà un margine di manovra a dir poco esiguo, se non del tutto inesistente. Tutte le riforme a cui Yoon mirava per i restanti tre anni del suo mandato sembrano ora impossibili. Non a caso, tutto il “cerchio magico” del presidente vacilla. Il leader del Partito del potere popolare, Han Dong-hoon, si è dimesso. Hanno rimesso il proprio mandato anche il premier Han Duck-soo e l’intera squadra di funzionari di Yoon.

Le questioni aperte

La buona notizia per il presidente è che l’opposizione non ha raggiunto i due terzi dei seggi, che le avrebbero consentito di avviare una procedura di impeachment senza bisogno di ricorrere ad appoggi esterni. Nonostante questo, sul piano interno sarà sempre più difficile ignorare le richieste di istituire una commissione d’inchiesta speciale sulla strage di Itaewon, nella quale 156 persone (soprattutto giovani) persero la vita schiacciate nella calca dei festeggiamenti di Halloween del 2022. Una tragedia causata anche da evidenti falle nella sicurezza e, secondo l’opposizione, favorita dallo spostamento nelle vicinanze dell’ufficio presidenziale imposto da Yoon. Un ufficiale di polizia si è suicidato dopo la strage, ma nessun componente del governo ha pagato delle conseguenze.

Si fanno intanto già insistenti le richieste di indagine sullo scandalo che ha visto protagonista Kim Keon-hee, la first lady, che avrebbe accettato in regalo una costosa borsa Dior da un pastore protestante di fronte al quale avrebbe anche parlato di informazioni sensibili. Può invece tirare un sospiro di sollievo Lee, che è da tempo indagato per corruzione. Con una maggioranza così ampia, potrà evitare senza affanni eventuali mandati d’arresto.

Da che parte stare

Attenzione anche ai risvolti sulla postura internazionale della Corea del Sud, tutt’altro che trascurabili. Innanzitutto, si tratta di un tema che ha giocato un ruolo importante nel risultato delle urne. Uno studio pubblicato dal sito specializzato Korea Pro mostra infatti che le posizioni sulla politica estera sono state tra le priorità dell’elettorato nel processo di scelta. Verrebbe dunque da dire che la maggioranza dei sudcoreani non approva la netta svolta data da Yoon negli ultimi due anni: rafforzamento senza precedenti dell’alleanza con gli Stati Uniti (anche e soprattutto sul fronte militare), approfondimento della partnership con la NATO (il presidente ha partecipato a entrambi gli ultimi summit dell’Alleanza Atlantica), disgelo con il Giappone e linea dura con la Corea del Nord. Tutto questo ha significato l’effetto collaterale dell’abbandono della storica “ambiguità strategica” nei confronti della Cina, che aveva tenuto Seul sempre nell’orbita delle alleanze americane ma senza mai assumere tonalità di sfida o nemmeno di critica a Pechino.

C’era chi ipotizzava che, nel caso avesse ottenuto la maggioranza, Yoon avrebbe potuto cambiare le norme che impediscono l’export di armi a Paesi coinvolti in conflitti. Seul è sempre più un hub globale di componenti militari e da due anni Stati Uniti e NATO chiedono all’amministrazione Yoon di sostenere direttamente l’Ucraina. Ora diventa ancora più complicato cambiare quelle norme, anche perché l’opposizione ha invece una linea più equidistante tra USA e Cina, persegue il dialogo con Pyongyang e ritiene una “umiliazione nazionale” il riavvicinamento con Tokyo, giunto a costo di rinunciare alla richiesta di risarcimenti per gli abusi del periodo della dominazione coloniale giapponese.

Vista la batosta elettorale e i problemi sul fronte interno, Yoon potrebbe in realtà riversarsi con maggiore decisione sulla scena internazionale. Ma una sproporzione così eclatante di forze in Parlamento può pesantemente condizionare l’agenda del Governo anche sulla politica estera. Basti pensare al coinvolgimento dell’Assemblea nazionale su dossier come il dispiegamento del sistema di difesa antimissile Thaad, di fabbricazione statunitense. Oppure alle manovre parlamentari assertive sulle Dokdo/Takeshima, le isole contese tra Corea del Sud e Giappone. I risultati delle elezioni possono dunque potenzialmente influenzare gli sforzi diplomatici del governo Yoon con il Giappone e le relazioni trilaterali che coinvolgono anche gli Stati Uniti, suggellate dal summit di Camp David dello scorso agosto. Dopo queste elezioni, Washington e Tokyo potrebbero in parte temere che Seul possa rischiare di tornare a essere l’anello debole dell’alleanza.  

01:59

Corea del Sud al voto, vince l'opposizione

Telegiornale 11.04.2024, 12:30

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