Testimonianza dalla prima linea

La faccia umana di Bakhmut

Il fronte dopo un anno e mezzo di guerra e la dura vita in trincea visti da un 51enne ucraino tornato in patria per combattere

  • 01.10.2023, 06:57
  • 02.10.2023, 10:32
Un militare ucraino in ricognizione nel Donbass

Un militare ucraino in ricognizione sul campo di battaglia nel Donbass

  • Keystone
Di: Enrico Campioni 

Passare, a cinquant’anni suonati, da un’attività di responsabile di un settore della logistica presso una multinazionale che si occupa di spedizioni e trasporti nell’Italia settentrionale a combattere sui fronti decisamente caldi dell’Ucraina orientale e meridionale non è cosa da tutti. Ma è quanto è accaduto a Valentyn*, ex ingegnere forestale di Zhytomyr, centro industriale nell’ovest dell’Ucraina, emigrato per lavoro prima in Campania e poi più a nord, tra Veneto ed Emilia, a inizio anni 2000.

Poi a febbraio 2022, quando Mosca ha invaso l’Ucraina in quella che doveva essere una guerra-lampo ma che sta durando da quasi 600 giorni, non ci ha pensato un istante ed è andato a combattere contro l’esercito di Mosca.

Prima l’addestramento, poi la trincea

Dopo un periodo di addestramento nell’ovest del Paese durato svariate settimane, spiega il 51enne alla RSI, è stato inviato in Donbass. Un’esperienza, la sua, che è durata quasi un anno e a causa della quale la capigliatura nera di Valentyn ha lasciato il posto a una chioma grigia non più folta come prima. Inoltre, la vita in trincea tra melma e fango che arrivano spesso fino ai fianchi gli ha causato malanni come un inizio di artrosi alle mani, mentre la costante umidità dovuta appunto alle trincee invase dall’acqua è alla base di micosi agli arti inferiori.

Dalla tarda primavera scorsa il sergente maggiore è stato trasferito sul fronte meridionale, nell’Oblast di Zaporizhia, un’area che costituisce un altro fronte caldo della guerra, alla luce della controffensiva lanciata dalle forze armate di Kiev da giugno e che continua tuttora, tra mille difficoltà. Dopo circa un anno e mezzo di attività, sempre nella prima e seconda linea del fronte, gli è stata concessa una licenza di qualche settimana, che il sottufficiale Valentyn sta trascorrendo a casa con la famiglia. Dovrà però tornare operativo, sempre tra Zaporizhia e Mykolaiv, già nei primi giorni di ottobre.

Lui stesso ha accettato di raccontare la sua storia ai nostri microfoni e di parlare della sua esperienza in combattimento sui campi di battaglia di un conflitto sanguinosissimo, dove per numero di caduti stimati si è verosimilmente oltre il disastro della guerra in Vietnam ed è probabilmente il più vasto conflitto convenzionale dall’invasione dell’Iraq nel 2003 e il più ampio combattuto in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale.

Il nostro interlocutore, del resto, ha passato molti mesi nel mezzo di una battaglia che è forse la più tristemente nota della guerra in Ucraina: quella per la località orientale di Bakhmut. “Sono rimasto a Bakhmut per oltre otto mesi. Quando ci sono arrivato nell’estate 2022 la città – che in tempo di pace aveva circa 70’000 residenti – era già devastata quasi del tutto” e poteva sembrare che vi fosse rimasto ben poco da conquistare o difendere, spiega Valentyn.

“Anche a Ovest avete un’idea di quanto è accaduto laggiù e di quante persone sono state mandate a morire da entrambe le parti. Ma a me, quando penso a quei posti, vengono in mente due cose. La prima è la resistenza degli abitanti (e parliamo di centinaia di civili) che non hanno voluto lasciare le case nonostante i bombardamenti continui, giorno e notte. La seconda sono le bombe al fosforo** che i russi hanno usato a più riprese sulle nostre postazioni benché siano vietate da sempre dalle convenzioni internazionali. Ma è d’altronde vero che si tratta di una guerra che di convenzionale non ha mai avuto granché”.

Soldati ucraini nelle trincee di Bakhmut la scorsa primavera

Soldati ucraini nelle trincee di Bakhmut invase da fango e melma la scorsa primavera

  • Keystone

Amante degli alberi anche per la sua professione originaria, il sergente maggiore ha spiegato di “soffrire nel vedere la distruzione delle foreste che rivestivano il territorio, in Donbass come altrove, usando sostanze come gli aggressivi chimici, ma anche la devastante artiglieria, in un modo che impedirà al bosco di riprendersi sull’arco di decenni dopo che avremo finito di massacrarlo”.

“Mosca non è a corto di pallottole”

Spostato a sud alla vigilia della controffensiva ucraina scattata qualche mese fa, Valentyn spiega che la differenza tra il Donbass e l’Ucraina meridionale la fa soprattutto il clima. “A sud è un po’ più mite, caldo e soprattutto meno umido, per cui la vita dei soldati in trincea è meno dura. Ma i russi non mollano, quelli che combattono (poiché ne abbiamo presi tanti che si arrendono), ci mettono l’anima e sono molto determinati. Sono balle le voci dei militari di Mosca che sarebbero demotivati. Per quanto posso dire io, non cedono di un millimetro quando combattono e a loro non mancano le munizioni. Quello che ho modo di leggere su Internet, ogni tanto, ossia che ai russi manchino i proiettili, da quel che ho visto non è sempre vero. Mosca ne ha ancora, di pallottole”.

Secondo Valentyn, quella iniziata il 24 febbraio 2022 sarà una guerra lunga. “Non mi aspetto che finisca quest’anno e se accadrà nel 2024, temo che non avverrà a inizio anno. Per i vertici russi ormai è una questione d’onore resistere alla nostra controffensiva e dare l’idea di potercela fare. Certo che se i caccia F-16, i missili a lungo raggio e determinati sistemi per la contraerea fossero arrivati prima ci sarebbero stati meno morti e qui lo dico in modo chiaro: avremmo avuto meno soldati uccisi o feriti gravemente da entrambe le parti”.

“Ma la realtà è quella che è, lamentarsi non porta a niente e vediamo piuttosto cosa succede con l’arrivo degli F-16. Noi abbiamo davvero bisogno di un’adeguata copertura aerea per avanzare e liberare altro territorio, pure perché i nostri vecchi MiG e Sukhoi sono roba d’epoca e sempre più scarsi, mentre i caccia e i bombardieri russi non mancano. Una volta che si andrà “in pari” anche su questo, la musica potrebbe cambiare in meglio per noi e far finire questa follia. E io potrò tornare a casa”.

*Nome noto alla redazione, cambiato per motivi di sicurezza.

** Kiev ha più volte accusato Mosca di aver usato armi chimiche in Ucraina, mostrando anche video come prova; la Russia per parte sua ha sempre negato. L’ONG Human Rights Watch ha recensito diversi attacchi con bombe incendiarie in Ucraina da quando la Russia ha invaso il Paese nel febbraio del 2022.

01:37

Attacco ucraino in Crimea, il nostro inviato

Telegiornale 22.09.2023, 20:29

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