Sette leader politici, tre donne con accenti diversi (gallese, scozzese e australiano), due ore di dibattito in prime time. Una cacofonia, incompiuta e annacquata, di generiche accuse e incerte difese. Senza colpi ad effetto o imperdonabili gaffe. Nè vinti né vincitori. Destinata dunque a non spostare gli equilibri, ancora immobili, della corsa elettorale. Più di otto milioni di telespettatori ieri sera hanno seguito il primo, e unico, confronto tra i principali candidati alle prossime elezioni in Gran Bretagna.
Rigido il protocollo, osservato con pugno di ferro (in guanto di velluto) dalla moderatrice, Julie Etchingham. Il Premier David Cameron occupa il leggio più a destra, a distanza di guardia dal laburista Ed Miliband, ma soprattutto dall’avversario più temuto, Nigel Farage (Ukip). Rompe gli indugi, nel giro di presentazioni, Natalie Bennett, segretaria dei Verdi, nata a Sydney. Farage, completo scuro con cravatta a pois, esordisce con un attacco all’Europa, il totem da abbattere. Nick Clegg, vice-Premier in carica, recita un’inatteso mea culpa per gli errori della coalizione. Una strategia opposta a quella di Cameron che per tutta la sera rivendicherà i successi (economici) del suo governo.
In rappresentanza degli indipendentisti scozzesi c’è Nicola Sturgeon. Ogni volta che parla, la regia - non senza malizia - inquadra Miliband, con il quale tra un mese potrebbe entrare a braccetto a Downing Street. C’è anche Leanne Wood (Plaid Cymru, il partito del Galles), già appagata dal solo essere stata invitata. La tattica di Miliband è martellante: sguardo fisso in camera, dileggia Cameron come il Premier dei ricchi. Il quale replica, descrivendo la politica dei Labour “solo tasse e debito”.
Quando si parla di immigrazione, Farage sbotta, insolente nel sottolineare come il “60% dei malati di HIV ricoverati nel Regno siano stranieri”. La rete - l’hashtag #leadersdebate è il più popolare della serata - lo subissa di insulti. Si discute di deficit pubblico, del servizio nazionale sanitario e di quale futuro per i giovani. Una ragazza del pubblico ruba la scena per qualche attimo: pretende più soldi per i senzatetto. Viene ignorata. Quando si spengono le telecamere è una corsa all’ultimo sondaggio. Ne escono quattro in pochi minuti, che rispecchiano le dichiarazioni di voto delle ultime settimane: Cameron e Miliband appaiati in testa, senza oscillazioni di rilievo. Nonostante la stampa conservatrice infierisca sul leader laburista.
“Ops, ho perso le elezioni”, titola oggi il Sun con la foto di uno sgomento Miliband. “Il flop di Miliband mentre gli outsider brillano”, apre il Telegraph. “Entrino i secondi”, l’apertura del Times, con riferimento alla capacità di Nicola Sturgeon - la "vincitrice morale" secondo il web - di parlare oltre il proprio elettorato. L’unica, almeno ieri sera. Gli indecisi, circa un terzo dell’elettorato, restano tali. Milioni di voti ancora da conquistare.
Lorenzo Amuso
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PP 12.00 del 03.04.15 - La corrispondenza di Giancarlo Ciccone
RG 12.30 del 03.04.15 - Donald Sassoon, docente di storia moderna all'Università di Londra, al telefono con Giuseppe Limoncello