L’uccisione dell’attivista conservatore Charlie Kirk sta scuotendo profondamente la politica statunitense, acuendo le già forti tensioni in un Paese sempre più polarizzato. L’omicidio, avvenuto il 10 settembre, sta avendo ripercussioni che vanno ben oltre il fatto di cronaca, toccando temi come la libertà d’espressione, il ruolo dei media e l’equilibrio tra i poteri dello Stato.
Durante la cerimonia funebre per Kirk, il presidente Donald Trump ha pronunciato un discorso dai toni accesi, definendo l’omicidio “un attacco a tutta la nazione”. “La pistola era puntata contro di lui, ma quella pallottola era rivolta contro ognuno di noi”, ha dichiarato Trump, in quello che gli esperti definiscono un chiaro tentativo di cavalcare politicamente la tragedia.
Lunedì mattina Modem, su Rete 1, ha affrontato il tema nella puntata “America, come stai?”.

America, come stai
Modem 22.09.2025, 08:30
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Durante la discussione Andrea Vosti, corrispondente RSI da Washington, ha affermato che “sono due gli aspetti del discorso di Trump che mi hanno colpito. Il primo è stata la pressoché totale assenza di un appello all’unità del Paese, alla distensione dei toni dello scontro politico. [...] Il suo è stato un discorso da campagna elettorale con toni divisivi, la promessa di dare la caccia ai nemici della libertà e a chi finanzia il terrorismo interno.” Trump non ha esitato a ripetere l’infondata accusa di brogli nelle elezioni passate, in quello che Vosti definisce “un discorso molto poco presidenziale per la circostanza, che era una cerimonia funebre”.
L’attentatore, un giovane la cui identità non è stata ancora rivelata pubblicamente, sembra rientrare in un profilo sempre più comune negli Stati Uniti. Secondo il giornalista del quotidiano italiano “Domani” Mattia Ferraresi, si tratta di “giovani uomini estremamente online” che “negli angoli più oscuri della rete incontrano parole d’ordine, temi, slogan che in qualche modo radicalizzano e fanno scattare qualcosa”. Ferraresi sottolinea come questo profilo sia “solo in parte” riconducibile alla violenza politica organizzata tradizionale.
Media sotto attacco e tentativi di censura
Intanto, cresce la pressione sui media critici verso l’amministrazione Trump. “È innegabile che stiamo assistendo a un tentativo di censurare un’informazione libera, non allineata all’agenda MAGA”, afferma Vosti, citando limitazioni all’accesso per i giornalisti stranieri, nuove regole restrittive al Pentagono e cause legali multimiliardarie contro testate come il Wall Street Journal e il New York Times. Un caso emblematico è quello del conduttore televisivo Jimmy Kimmel, il cui programma è stato chiuso dopo pressioni della Casa Bianca. “Quando il potere ha addirittura paura degli sberleffi di un comico come Jimmy Kimmel, beh, penso che sia un campanello d’allarme da prendere maledettamente sul serio”, commenta Vosti.
https://rsi.cue.rsi.ch/info/mondo/USA-e-caso-Kimmel-%E2%80%9CRidicolo-licenziarlo%E2%80%9D--3128918.html
Il fenomeno è confermato anche da Ferraresi, che sottolinea anche come il fenomeno fosse già in atto: “Basti pensare alle enormi pressioni che sono sfociate in continue azioni legali mosse da Trump contro giornali, giornalisti, gruppi editoriali. C’era insomma già una pressione assoluta, ma ora c’è un salto di qualità. E questo è rappresentato da un partito e da una parte politica, quella repubblicana, che negli ultimi anni ha dedicato tanta attenzione ed enfasi alla protezione della libertà di espressione da quella che veniva considerata una dittatura culturale woke, che ora ha gettato la maschera buttando via anche le ultime difese formali di questo principio per andare nella direzione della delazione e della censura… e questo viene fatto sia con i cittadini comuni che a un livello più alto, di sistema”.
Del Pero: “Disegno di Trump dai tratti chiaramente autoritari”
Il professor Mario Del Pero, docente di Storia degli Stati Uniti a Sciences Po a Parigi, ha da parte sua evidenziato l’esistenza di “un disegno che ha tratti chiaramente autoritari” da parte di Trump. “Abbiamo un’alterazione dei rapporti tra i poteri con una totale marginalizzazione di quello legislativo, una subordinazione di quello giudiziario. E infine abbiamo un tentativo di stravolgere gli equilibri del federalismo americano”, ha spiegato Del Pero, paragonando la situazione a recenti derive in Paesi come Turchia e Ungheria.
Nonostante le statistiche mostrino una prevalenza di violenza politica da parte dell’estrema destra, Trump continua ad accusare la “sinistra radicale”. Andrea Vosti cita un rapporto del Cato Institute, think tank vicino ai repubblicani: “Dei 618 omicidi politici degli ultimi 50 anni in America, il 63% è stato compiuto da persone di destra, l’11% soltanto da attivisti di sinistra. La violenza politica negli USA è un fenomeno che riguarda quindi in maniera predominante la destra americana, e non c’è una sinistra radicalizzata come invece ha conosciuto l’Europa in passato”.
In questo clima sempre più teso, sono sempre più rare le voci moderate e anche le parole di chi ci prova, come il governatore repubblicano dello Utah Spencer Cox che ha invitato alla riconciliazione, sembrano cadere nel vuoto. “Alla violenza possiamo rispondere con la violenza, all’odio con l’odio. Possiamo sempre puntare il dito contro qualcun altro, ma c’è un momento in cui dobbiamo fermarci, altrimenti andrà sempre peggio”, ha dichiarato Cox.
Il professor Del Pero conclude con una nota preoccupante: “L’elemento di novità, se proprio dobbiamo trovarne uno e sintetizzando all’osso, è che oggi alla Casa Bianca c’è un presidente che non sembra interessato a sedare il conflitto, anzi lo nutre e lo alimenta dispiegando una retorica, un discorso così centrati sulla violenza e la crudeltà che determinano un cambiamento culturale e politico vero e proprio”.

In Arizona il funerale di Charlie Kirk
Telegiornale 21.09.2025, 20:00