Un 53enne del Luganese è stato condannato oggi (venerdì) a 15 mesi di carcere sospesi per coazione sessuale e altri reati nei confronti di una ragazza minore di 16 anni.
La figura dell’uomo è assimilabile a quello che viene definito in gergo un ‘Sugar daddy’: uomini in età che, dietro compenso, ottengono favori sessuali da persone molto più giovani. Nel caso specifico, da una ragazza che all’epoca dei fatti aveva appunto meno di 16 anni. Di questo e altro ha dovuto rispondere il 53enne italiano del Luganese comparso oggi alle Assise Correzionali. In due occasioni, nell’estate del 2021, ebbe rapporti non completi con la minorenne. Figlia di amici di lunga data, che accudiva i suoi come baby sitter. Il primo episodio si verificò a casa della ex moglie, dove la vittima si recava per curare i bambini. L’altro, qualche giorno più tardi, in automobile, poco distante dall’abitazione della donna. Il tutto in cambio di 600 franchi, tra contanti e beni acquistati in precedenza (a cominciare da sigarette e alcolici). Sempre secondo la procuratrice Petra Canonica Alexakis, l’uomo sapeva che la minore avrebbe speso il denaro per comprare della marijuana, di cui la minore faceva uso quotidiano. Proprio il consumo di alcol e droga gli sarebbe anche servito per indurla a cedere, minacciandola di raccontare ai genitori delle sue dipendenze. Da qui la coazione sessuale e le altre accuse ipotizzate. Compresa quella di pornografia, per essersi fatto inviare alcune fotografie da una sedicente 15enne conosciuta su internet.
Il 53enne ha ripetutamente leso l’integrità sessuale della ragazza. Oltretutto – ha sottolineato Canonica Alexakis – in un periodo nel quale lei si sentiva fragile e vulnerabile. Dall’imputato, di cui si fidava, anziché aiuto ha ottenuto solo ulteriore dolore e sofferenza. Senza mai ricevere una parola di scusa, nemmeno in aula. Il magistrato ha chiesto 24 mesi di carcere, sospesi per un periodo di prova di tre anni.
Il difensore, Gaia Zgraggen, ha domandato il proscioglimento integrale del suo cliente. E in via subordinata, una massiccia riduzione della pena. L’uomo ha sostanzialmente ammesso gli episodi in quanto tali, negando però di avere pagato la giovane e di avere esercitato pressioni nei suoi confronti. I soldi – ha ripetuto stamane – erano il compenso per il lavoro di babysitter.
La Corte, presieduta dal giudice Amos Pagnamenta, ha riconosciuto l’uso delle minacce, e confermato (in larga misura) l’atto d’accusa, condannando l’uomo a 15 mesi sospesi.