“Mi hanno ridotto sul lastrico. Vivo di stenti a causa di una donazione che non ho mai fatto”. Così ha detto, rivolgendosi al giudice Paolo Bordoli, l’avvocato italiano ultranovantenne vittima di una truffa. Alla sbarra, davanti alla Corte delle Assise criminali di Lugano, gli imputati: un fiduciario ticinese e il nipote dell’anziano imprenditore. Nipote che, parecchi anni fa, fu incaricato di rappresentare gli interessi dello zio. Ma nel 2010 saltò fuori un documento firmato dallo zio che attestava la donazione dell’ingente patrimonio - svariate decine di milioni di euro - al nipote. Firma che però, secondo l’accusa, è stata contraffatta e permise al parente di approfittare indebitamente del capitale dell’anziano.
Le imputazioni sono di ripetuta amministrazione infedele qualificata, appropriazione indebita, istigazione alla ripetuta amministrazione infedele qualificata, ripetuta appropriazione indebita e ripetuta falsità in documenti.
La difesa si batte per l’assoluzione degli imputati. Le conclusioni delle perizie sull’autenticità della firma sono contrastanti, dicono i legali. La sentenza è attesa nei prossimi giorni.