C'è quello sfuocato, oppure obliquo, o peggio ancora dal basso verso l'alto o dall'alto verso il basso. C'è chi lo fa da solo, chi in coppia, chi preferisce avere un'affollata compagnia. E c'è chi lo pratica più volte al giorno, per non dire della sera.
L'autoscatto (o meglio, il selfie, per restare al passo con i tempi) è uno dei tormentoni della campagna elettorale nei social media. È stato un crescendo, come un temporale estivo. Prima qualche tuono in lontananza - i primi timidi fotogrammi - poi i fulmini iniziano a filtrare dalle imposte chiuse - comizi e assemblee e aperitivi si moltiplicano, e con essi le foto - e infine si scatena il finimondo. Piovono selfie da ogni dove. La bacheca trabocca di foto sgranate, sovraesposte, scure, mosse, prese da troppo vicino o da troppo lontano. Qualcuno ogni tanto ci azzecca: è un’eccezione, oppure l'autoscatto è opera di un professionista.
Ora stiamo uscendo da questa fase: è la tregua pasquale. Sono giorni di pace, riflessione, spiritualità e anche relax. Ma ci sarà un ritorno improvviso, come quando l'ultimo potente tuono lascia intendere che il peggio sta passando, e invece il vento gira e il temporale ci costringe a un secondo round.
Questa campagna elettorale è il trionfo dei santini 2.0. Si moltiplicano le fan-page su Facebook. Un candidato si proclama automaticamente personaggio pubblico, si promuove come un attore di grido e cerca di accaparrarsi i "Mi piace". Si assiste a sostegni incrociati e il sospetto è che possa pure essersi instaurato un mercato nero dei "Like". Chissà come si sentono i pochi e fedelissimi eletti che durante l'intera ultima legislatura hanno usato in modo intenso i social, non li hanno abbandonati subito dopo lo spoglio o (ri)scoperti da poco, intasandoci le bacheche con proclami più o meno scontati. Della serie “Guardiamo al futuro”.
Solo i più scaltri fruitori dei social come mezzi di comunicazione si sono attrezzati con una strategia adeguata, un percorso di avvicinamento a tappe che tenesse conto anche della grande novità di quest'anno: il voto per corrispondenza. Quello che fa urlare al comune cittadino, ora che ha la busta sotto mano: “Ora basta! Non ne posso più!”. Il candidato si renda conto che il sostegno virtuale non è ancora garanzia di elezione, e che il mondo reale, per fortuna, non si è ancora trasferito nei social media. Il tasso di gradimento rischia dunque di deludere.
Cosa ne sarà di tutta questa valanga digitale? Dopo il 19 aprile inizierà a sciogliersi più o meno rapidamente. È il destino della neve di primavera. Se non poggia su una solida base, come un ghiacciaio, è inevitabile che sparisca. E anche i ghiacciai, dal canto loro, non stanno mica tanto bene.
Antonio Civile