"La parola profugo per me ora ha il volto di quei bambini e di quelle mamme che ho conosciuto a Idomeni". Sono le parole di Barbara Ferrari, infermiera e mamma ticinese, che avevamo già incontrato assieme a Lisa Bosia Mirra, presidente dell'associazione Firdaus, prima che partissero come volontarie alla volta della Grecia.
Entrambe sapevano che sarebbe stato un viaggio difficile, ma per alcune cose non si è mai davvero pronti: "Mancava tutto e quello che abbiamo portato noi, pur sembrandoci molto, era una goccia nel mare. Ci siamo sentite tristi e impotenti". Per Barbara, a differenza di Lisa, era la prima esperienza di questo genere e - dopo aver vissuto giorni così intensi - tornare alla normalità non è semplice: "La notte faccio fatica a dormire, perché continuo a rivedere quei bambini". Un'esperienza che l'ha segnata tanto da spingerla a ripartire il 15 di giugno per tornare là dove dice di aver lasciato un pezzettino di cuore.
A proposito di nuove spedizioni - Lisa ci ha spiegato che dopo lo smantellamento di Idomeni anche gli altri due campi vicini, Eko e Hara, stanno subendo in questi giorni la stessa sorte. Cosa possono fare, dunque, i volontari che desiderano partire? "La situazione è in continua evoluzione e perciò non è facile organizzarsi. La nostra associazione si sta adoperando per ottenere i permessi che consentono l'entrata nei campi governativi, in modo da poter continuare ad aiutare", spiega Lisa. Accedere ai campi dello Stato è complicato, perché spesso solo le grandi organizzazioni possono operare all'interno di queste aree. "Per facilitare le cose - continua Lisa - stiamo pensando di affittare un appartamento in collaborazione con altre organizzazioni per garantire una sistemazione a chi parte".
Il gruppo di volontari ticinesi è stato nei campi poco prima che venissero sgomberati. Si avvertiva già il sentore dell'evacuazione imminente? - GUARDA IL VIDEO
Camilla Luzzani