Un libro su Adolf Hitler non è certo quanto di più originale ci possa essere nel panorama editoriale. Molti scrittori hanno usato il Führer come materiale narrativo, spesso addirittura come protagonista. Tra gli ultimi in Italia Giuseppe Genna, che ne ha romanzato la vita con risultati letterari controversi, e in Germania Timur Vermes, che ne ha immaginato il ritorno nella Berlino di oggi.
C'è però in libreria anche un'altra storia di Adolf Hitler, diversa dalle altre se non altro perché è un romanzo a fumetti, e perché è opera di uno dei più amati disegnatori della storia del manga giapponese. Hitler è il protagonista e il titolo del libro (edito in lingua italiana con la traduzione di Vincenzo Filosa da Rizzoli Lizard), Shigeru Mizuki è l'autore, morto nel 2015, che l'ha disegnato all'inizio degli anni Settanta.
Si tratta di una biografia che rimane piuttosto aderente alla storia – dalla giovinezza a Vienna all'ascesa al potere in Germania, fino alla fondazione e alla caduta del Terzo Reich – e concede in effetti poco alla fiction. Eppure è molto più che un semplice bignami sulla vita di Hitler. Il titolo originale in giapponese spiega molto: Gekiga Hitler, là dove Gekiga significa letteralmente "immagini drammatiche", ed è l'etichetta dietro cui si nasconde la rivoluzione del fumetto giapponese degli anni Sessanta, messa in opera da un gruppo di autori che ha volutamente preso le distanze dallo stile disneyano che era lo standard precedente impostosi nel secondo dopoguerra nipponico.
Shigeru Mizuki è stato uno dei capofila di questo fumetto più adulto, più violento e ricco di sottotesti di satira sociale, costruito per il pubblico sempre più sofisticato delle grandi città, in un momento storico tanto doloroso quanto vivo e ricco sotto diversi punti di vista. Nel fumetto Gekiga quello che fa la differenza è però anche lo stile: dentro questo Hitler di Shigeru Mizuki ci sono sfondi incredibilmente realistici su cui si muovono personaggi caricaturali e cartooneschi, che non depotenziano in alcun modo la realtà del racconto che si percepisce a livello epidermico. Se c'è una qualche forma di parodia, è estremamente amara.
Mizuki sa che questa è una storia sulla quale è difficile scherzare, visto che lui stesso ha vissuto sulla propria pelle la Seconda guerra mondiale: a vent'anni è stato spedito a combattere nel Pacifico, sul territorio della Papua Nuova Guinea. Lì le bombe degli americani gli hanno portato via tutti gli amici che si erano arruolati con lui, inseguendo il sogno militarista dell'Impero giapponese, e anche il braccio sinistro, che fortunatamente non era quello che ha usato per disegnare fino all'età di novantatre anni.