Ha brillato per quasi un secolo, Ketty Fusco, colei che per molti è stata una vera e propria stella del panorama artistico della Svizzera di lingua italiana. Ci ha lasciato in eredità numerosi contributi, importanti sia per contenuto che per qualità, per la storia del mondo artistico, radiofonico e culturale.
Nata a Napoli sotto il segno del leone nel 1924, Ketty Fusco riassume in sé due personalità e, come amava dire, aveva forma di albero. Radici ancorate nella romantica città amalfitana, e rami che si estendono dai Grigioni alle rive del Ceresio.
Caterina Bertola Fusco alias Ketty, come ci permettiamo di chiamarla sentendoci appartenenti a quella schiera di ammiratori ed estimatori che hanno avuto il privilegio di conoscerla, ha iniziato il suo percorso formativo a partire dal salotto di casa, come racconta nel suo romanzo “In quell’albergo sul fiume”. La protagonista Mara, non è infatti altri che Ketty stessa, guidata da tre donne, la madre e le due sorelle del padre Attilio Fusco, avvocato antifascista emigrato negli Stati Uniti a causa delle proprie posizioni politiche.
Primo passo intrapreso? Pronunciare correttamente la C di Caterina. A insegnarle, matita tra lingua e palato, ci pensa la tanto narrata Zia Eva alla quale Ketty dedica un racconto nella sua raccolta “La Bambina e le bombe” e con il sostengono di Eva, la zia Ersilia e della madre Margherita chi la ferma più? Parlare e raccontare storie diventa per lei un divertimento e dal gioco nasce il gioco… ed è subito radio.
Portata in studio dal vicino di casa Giovanni Bertini, Ketty incontra Nini Mousny, la prima commentatrice radiofonica che la propone per varie parti e senza nemmeno sapere come, sfidando le leggi tradizionali del teatro radiofonico, interpreta presto ruoli da protagonista, in “Bricioletta”, per esempio, un’opera musicale di cui manca purtroppo la registrazione. A nove anni la giovane attrice inizia così il suo percorso artistico. Radio teatro, compagnie teatrali di quartiere, oratori, e letture di poesie, come in occasione della partenza da Lugano di Pacciardi un altro esponente antifascista italiano. In breve, il suo talento per la recitazione, o meglio il gioco come lo chiama lei, la porta ad essere apprezzata da un ampio pubblico.
Diplomatasi al liceo di Lugano Ketty coniuga lavoro per la prosa radiofonica e studio. Rubando il mestiere e chiedendo consigli a maestri come Maria Rezzonico, Franca Primavesi, Romano Calò, Guido Calgari, e tanti altri, Ketty interpreta i ruoli più svariati, da “L’Adorabile sceicco” alle riviste “Sette proverbi celebri”, da brevi scene come quelle con Alberto Sordi, fino a ruoli da protagonista come in “Ritratti di Attrici: Sara Bernhardt”, ma non soltanto.
Ketty Fusco
Ketty si occupa anche di televisione e a testimoniarlo sono vari documenti d’archivio,. Due anni da jolly, come ricorda nell’intervista “Mi ritorni in mente” la portano a essere factotum di programmi come il “Girotondo per le mamme”, e trasmissioni di genere educativo (fra queste “Il mondo degli educatori”) e altre dedicate alle questioni di genere, come “Per la donna” prodotta in collaborazione con Iva Cantoreggi, ma di cui purtroppo non sono rimaste tracce.
Da attrice a regista a entrambi i ruoli come ne “Il partigiano Johnny”, da produttrice a scrittrice di racconti per bambini come “Il caminetto che canta”, Ketty rivela però quella parte della sua natura a tratti malinconica soprattutto attraverso le sue poesie come in “Ai funerali dei vecchi compagni”. Una produzione artistica la sua, alternata a contributi di interesse politico e culturale, come nella ricerca “Teatro della Svizzera Italiana: un sogno o un programma per gli anni ’70?” pubblicata dalla Società Svizzera di Studi teatrali.
Questo elenco, lontano dall’essere esaustivo, rivela inoltre gli interessi di un’artista che, dimostrando una capacità letteralmente a tutto tondo, tornando nel suo amato mondo della radio, oltre al teatro, produce e collabora a programmi radiofonici più disparati: dalla famosa Radioscuola alla scrittura di racconti per bambini, all’attenzione per tematiche legate al territorio della Svizzera italiana.
Alberto Canetta e Ketty Fusco in: «Amedeo o come sbarazzarsene»
Durante la sua lunga carriera, accanto a figure come l'amico e collega Alberto Canetta, Ketty non soltanto mantiene viva la scena teatrale della Svizzera italiana grazie alla compagnia “La maschera”, ma favorisce la presenza del settore prosa della RSI anche sulle scene della vicina penisola, ricevendo numerosi elogi e contribuendo all’incontro nel piccolo angolo di mondo italofono di scrittori, attori e drammaturghi di calibro internazionale. Gli attori della RSI passano da San Marino alla Saffa di Zurigo mettendo in evidenza la professionalità di tutti i collaboratori e l’unicità del settore, che si rivela un punto di forza della RadioTelevisione della Svizzera di Lingua italiana, portandola a diventare un centro di produzione essenziale non solo dal punto di vista artistico e performativo, ma anche educativo.
Ketty Fusco
Nemmeno una volta, raggiunta la pensione, Ketty perde la passione per il suo lavoro. Pluripremiata (dal conferimento del premio svizzero l’Anello Hans Reinhart alla Maschera d’Argento ricevuta a Milano), continua ad essere attrice e insegnante di teatro per l’Associazione Ticinese per la Terza Età occupandosi anche di ruoli come quello di presidente dell’Associazione degli scrittori svizzeri di lingua italiana, dello Zonta Club, e chiaramente di madre, nonna e anche bis.
Non va dimenticata infatti l’importanza che l’attrice da sempre ha attribuito alla vita famigliare. Forse non immagine della casalinga perfetta, come dice a più riprese lei stessa, ma al fianco del marito filoso Francesco Bertola, non trascura la maternità con due figlie, Lina Bertola - filosofa come il padre - ed Ersilia - alias Silli Togni - che ha seguito le orme della madre. Una vita eclettica che, tra il “pessimismo dell’intelligenza e l’ottimismo della volontà”, ci regala oggi con sensibilità numerose riflessioni rilasciate in anni di interviste che “ci permettono di continuare a sentire”.