È uno dei più grandi talenti degli ultimi anni. Il pianista islandese Vikingur Ólafsson, classe 1984, lunedì 13 novembre 2023 si è esibito all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia in concomitanza con l’uscita del CD per la Deutsche Grammophon dedicato al monumento musicale rappresentato dalle Variazioni Goldberg.
Il giovanissimo pianista, che in passato si era cimentato più volte con il repertorio del genio di Eisenach - ma capace anche di misurarsi con le opere di Claude Debussy, Jean-Philippe Rameau, Baldassare Galuppi, Wolfgang Amadeus Mozart e Philip Glass – ha regalato un’interpretazione magistrale, perfetta, della pagina nata per accompagnare le lunghe notti del conte Hermann Carl von Keyserling.
La Recensione ne ha parlato con il critico e divulgatore radiofonico Luca Damiani (qui alcuni stralci del colloquio), presente al concerto. Dice: «Siamo di fronte a un talento assoluto. Ólafsson è un giovanissimo musicista islandese che in pochissimi anni ha fatto parlare di sé per una serie di lavori, di incisioni, anche particolari, con una certa eleganza capace di fare degli omaggi utilizzando l’elettronica e utilizzando strumenti particolari».
E ancora: il concerto «è stato magnifico. Un’ora e più di musica perfetta, un’interpretazione scintillante che non si sentiva dai tempi di Glenn Gould. Anche se nelle sue dichiarazioni, ad esempio sul Guardian, Ólafsson ha citato altri. Quando gli è stato chiesto quali sono gli interpreti preferiti lui ha risposto anzitutto Murray Perahia, “la sua eredità di Bach è semplicemente fuori dal mondo. Il suo modo di suonare così personale, sincero e pieno di luce. Si sente davvero il calore dell’interprete nella musica e gli sono anche molto grato per aver sostenuto la tradizione di suonare i concerti per pianoforte di Bach sul pianoforte a coda e per aver rifiutato di lasciarli ai clavicembali”. Ora, a onor del vero, questo primato spetterebbe proprio a Glenn Gould. Ma lasciamoglielo dire, capisco che voglia creare, diciamo, una distanza, perché tutto ciò altrimenti rischia di diventare un’etichetta. E sempre a questo proposito al New York Times ha dichiarato, quando gli è stato detto di Glenn Gould che “questo confronto è arrivato molto presto nella mia carriera e ha contribuito a migliorare il mio profilo, quindi è stata sicuramente una benedizione. Ma ovviamente non sono come Glenn Gould, nessuno lo è, e tali confronti possono quindi essere anche pericolosi. Detto questo, sono felice di essere stato paragonato a Gould perché è una delle figure più affascinanti. Ha svolto un ruolo particolarmente importante nella storia delle registrazioni di musica classica perché ha contribuito a stabilire la registrazione in studio come forma d’arte indipendente insieme ai concerti”».
Glenn Gould, come i Beatles, a un certo punto ha deciso di ritirarsi dalle scene «per una ragione naturalmente provocatoriamente contraria a quello che si pensa – continua Damiani -. Perché Gould diceva che l’esperienza in pubblico influisce sulla musica e questo lo trovava un elemento di disturbo. Quindi si è chiuso negli studi della CBC e ha fatto il monumento della registrazione che ancora oggi è considerata tra le più interessanti. Parlo della registrazione in genere non solo della musica, anche della radio, della televisione. I suoi interventi sono geniali».
«Ma tornando al concerto di King Olaf, ciò che ha veramente lasciato senza parole è stata la padronanza di questa musica, di questa composizione. La padronanza del concerto stesso che viene suonato. Citando ancora una sua intervista quando stava registrando le variazioni di Goldberg: “Non ho suonato altra musica per due settimane, sei ore al giorno solo di quel lavoro perché volevo immergermi il più profondamente possibile. Con qualsiasi altro compositore quel tipo di concentrazione probabilmente mi avrebbe fatto impazzire, ma per me funziona meravigliosamente con Bach”».
Dice ancora Damiani: «Il concerto è stato perfetto. Non so cosa altro poter aggiungere. La lettura lucidissima che ne ha dato fa onore alla musica di Bach. Dice lo stesso Ólafsson: “Tecnicamente è una delle opere più impegnative mai composte per tastiera. In ogni variazione Bach sperimenta ciò che è possibile fare con lo strumento del suo tempo. Il ciclo è quindi vario e ricco di estremi. Ad esempio spesso devi incrociare le mani e finisci per giocare nelle posizioni più folli. Tuttavia, non vedo le Variazioni Goldberg come un pezzo tecnico. Per me la sfida più grande è rendere giustizia al ciclo attraverso le mie riflessioni musicali personali, impegnarsi con il processo compositivo di Bach e lasciare che fluisca nel mio modo di suonare. Non si tratta di superare ostacoli tecnici, ma di esprimere un’idea».
Il concerto tutto esaurito si è compiuto nelle Variazioni Goldberg. Racconta Damiani: «Dopo dieci minuti di applausi si credeva di poter pretendere un bis. Ólafsson è stato molto spiritoso e ha detto: “Questa musica non può permettere nessun bis”. Il che mi sembra una chiosa perfetta per la pagina bachiana, come faceva Glenn Gould».