RITRATTI E STORIE

Martin Dalsass: la stella che onora la semplicità in cucina

Ripercorriamo le orme dello chef stellato che negli anni ‘80 rivoluzionò la scena culinaria con il ristorante Santabbondio, affermandosi come figura di spicco in tutta la Svizzera

  • Oggi, 11:30
Martin Dalsass.jpg
  • Ti-Press/Carlo Reguzzi
Di: Haluka De Toni 

Quando si parla dei protagonisti più carismatici e apprezzati della gastronomia svizzera, non si può non menzionare lo chef stellato Martin Dalsass. Originario dell’Alto Adige, si è poi trasferito in Svizzera, dove ha costruito una lunga e prestigiosa carriera, costellata di numerosi riconoscimenti, che lo hanno reso un professionista stimato sia dal pubblico che dalla critica. Nonostante il suo ritiro ufficiale, avvenuto l’anno scorso, Dalsass non intende affatto fermarsi continuando a operare nel mondo della gastronomia, dimostrando che «il mestiere può andare avanti anche dopo la pensione».

Cucinare? Una passeggiata

Recentemente, lo chef Dalsass è stato protagonista della nuova serie “Cucinare? Una passeggiata”, trasmessa da RSI La1 all’interno del programma “Prima Ora”. Il format, condotto da Aramis Dozio con Stéphan Chiesa, unisce la scoperta del territorio ticinese all’esperienza gastronomica.

Questa serie propone idee semplici, alla portata di tutti: un ottimo stimolo per provare qualcosa di nuovo e uscire dalle proprie abitudini

Martin Dalsass, Chef

Cucinare? Una passeggiata

Lo chef Martin Dalsass e Aramis Dozio ci accompagnano nella natura per cucinare.

«Ho conosciuto Aramis e Stéphan durante un’escursione sull’Everest con il mio amico Romolo Nottaris», racconta Dalsass. «L’anno scorso Aramis mi ha proposto un programma di ricette, ma ho pensato che ce ne fossero già troppi. Così abbiamo sviluppato un’idea più originale: unire la passeggiata alla cucina, utilizzando ciò che trovavamo lungo il cammino». Una serie che incarna perfettamente la filosofia di Dalsass: purezza e rispetto assoluto della materia.

Fotografia di Romolo Nottaris e Martin Dalsass durante un'escursione

Fotografia di Romolo Nottaris e Martin Dalsass durante un'escursione

  • Sport non Stop - RSI

Pur nella sua diversità, questa esperienza televisiva evoca in Dalsass le sue avventure in alta quota, vere e proprie lezioni di vita e di cucina: «È proprio in quei momenti che si impara». Quelle spedizioni hanno lasciato in lui un’impronta indelebile: «Ricordo ancora il Nepal: mangiammo piccole patate raccolte a quasi 5.000 metri. Sono state le più buone che io abbia mai assaggiato».

Dalle Dolomiti alle Stelle Michelin in Svizzera

La storia di Martin Dalsass, originario di Bolzano, in Alto Adige, non inizia in cucina, ma con un percorso da piastrellista «terminato prima ancora di cominciare». Fu il padre a indirizzarlo verso la ristorazione, trovandogli un impiego in un hotel del paese, dove però si ritrovò a fare «tutto tranne che cucinare». Nonostante le difficoltà degli inizi e la tentazione di mollare, la svolta arrivò con la scuola di cucina all’Hotel Laurin di Bolzano. Fu lì che Dalsass capì la sua strada: «Mi sono subito innamorato di questa professione».

A 19 anni, la ricerca di stimoli lo portò in Svizzera. Una scelta decisiva, dove scoprì che, a differenza dell’Italia di allora, «il cuoco era riconosciuto come un vero mestiere». E fu proprio in Svizzera che costruì la sua carriera: a Gstaad per 5 anni con l’Hotel Bellevue, al Ticino per 26 anni con il ristorante Santabbondio, conquistando una Stella Michelin e 18 punti Gault Millau. Ma quando la stabilità divenne abitudine, Dalsass sentì il bisogno di nuovi stimoli. Decise così di rimettersi in gioco a St. Moritz, guidando per 13 anni il ristorante Talvo e confermando la sua stella. 

La materia prima: una lezione d’infanzia

La cucina di Martin Dalsass nasce dalla rottura con la tradizione culinaria degli anni ‘70, allora dominata da ingredienti pesanti come burro e panna. Fu nel 1985, che nel suo ristorante Santabbondio, ispirato dalle influenze mediterranee del Ticino, decise di rendere protagonista della sua cucina l’olio extra vergine d’oliva.
Da quel momento, la sua impronta diventò inconfondibile: una cucina che si fonda sul rispetto assoluto della materia prima. «Gli ingredienti devono essere cucinati nella loro purezza per esaltarne i sapori intrinseci», è così che Dalsass diede vita a piatti leggeri, ma intensamente gustosi.

Santabbondio.jpg
  • Ti-Press / Massimo Piccoli
Da bambini andavamo in giro con il sale nelle tasche da mettere sui primi ravanelli

Questo profondo rispetto per il prodotto affonda le radici nella sua infanzia altoatesina, dei ricordi che hanno plasmato la sua visione: «Quando ero bambino ero sempre fuori nella natura», racconta lo chef. «Raccoglievo i primi ortaggi nelle campagne e li gustavo in purezza». È stata quell’esperienza e l’umiltà della popolazione altoatesina a fargli comprendere il valore e il rispetto della materia prima.

Umiltà e apprendimento: la chiave di Dalsass

Per lo chef Martin Dalsass, la cucina non è una costante ricerca di riconoscimenti, quanto il sapersi godere il proprio percorso. È questo il messaggio che rivolge ai giovani chef, spesso travolti dalla frenesia di «ottenere tanto e subito». Una fretta che, secondo lui, contagia anche l’evoluzione della cucina contemporanea: nel tentativo di impressionare rapidamente, si elabora eccessivamente la materia prima, privilegiando il “contorno” a scapito dell’essenza dell’ingrediente stesso.
La filosofia di Dalsass poggia su un fondamento chiaro: «In questo mestiere non bisogna mai sentirsi arrivati». È l’umiltà ad essere per lui la vera base per un apprendimento costante.

Ristorante Santabbondio a Sorengo (1985)

Ristorante Santabbondio a Sorengo (1985)

  • Ti-Press / Benedetto Galli

Nonostante una carriera costellata di riconoscimenti, per Martin Dalsass la vera soddisfazione non risiede nei premi. Il suo successo si misura oggi nel vedere i giovani chef che ha formato raggiungere importanti traguardi e nell’essere accolto con calore ogni volta che torna nei luoghi della sua vita professionale. È in questi gesti che lo chef riconosce di aver lasciato un’impronta profonda, un lascito di valore che l’eccessiva concentrazione sul lavoro spesso non permette di percepire pienamente.

Correlati

Ti potrebbe interessare