L’atmosfera è tesa nei corridoi delle 17 scuole svizzere all’estero, sparse in 10 Paesi e tre continenti, a causa del programma di tagli della Confederazione che, a partire dal 2027, punta a risparmiare tra i 3 e i 4,5 miliardi di franchi l’anno per riequilibrare le finanze pubbliche.
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Una delle misure previste nel piano prevede la riduzione dei finanziamenti destinati alla cultura per un totale di 18,4 milioni di franchi entro il 2028. Qualora il Parlamento approvasse la proposta, le scuole svizzere all’estero sarebbero duramente colpite da questo taglio, con una perdita stimata di 7,9 milioni di franchi.
Il gruppo di esperti che ha elaborato il piano di risparmio ritiene che “una riduzione in questo settore sembra possibile in considerazione degli ingenti finanziamenti residui accumulati negli ultimi anni, soprattutto perché il numero di bambine e bambini svizzeri che frequentano le scuole all’estero è diminuito”.
Risparmi sproporzionati
Serge Künzler, direttore di educationsuisse, contesta questa visione: “I tagli colpiscono le scuole svizzere all’estero in maniera sproporzionata”. Künzler sottolinea che queste scuole rappresentano solo l’8,5% del bilancio dell’Ufficio federale della cultura, ma dovrebbero farsi carico del 43% dei risparmi imposti a quest’ultimo.
Un sacrificio ancora più pesante se si considera che, nel quadro del messaggio Cultura 2024-2028, queste scuole hanno già dovuto ridurre i costi per un totale di 5,6 milioni di franchi. Künzler avverte: “Le conseguenze di ulteriori tagli potrebbero essere disastrose: alcune scuole potrebbero chiudere o perdere il loro carattere svizzero”.
Sebbene il contributo federale copra solo il 20% della spesa totale delle scuole – il resto proviene dalle rette scolastiche – il direttore di educationsuisse sottolinea che non esistono margini per compensare i tagli con altri fondi. “I Cantoni forniscono già un sostegno, ad esempio per il materiale didattico o la formazione degli insegnanti, ma anche loro sono sottoposti a forti pressioni a causa del pacchetto di risparmio federale”.
Una minoranza di alunni svizzeri
Fondate da svizzere e svizzeri germanofoni espatriati, le scuole svizzere all’estero sono storicamente di lingua tedesca. Solo quella di Bogotà dispone di una sezione franco-spagnola.
L’obiettivo originario era quello di soddisfare le esigenze delle persone espatriate che volevano offrire ai propri figli un’istruzione svizzera di alta qualità. La prima di queste scuole fu aperta a Bergamo, in Italia, nel 1892, per accogliere le figlie e i figli di chi lavorava al cotonificio Legler. Negli anni Trenta e Quaranta, le scuole svizzere all’estero rappresentavano anche un’alternativa alle scuole tedesche, segnate dal nazionalsocialismo.

Il team della scuola svizzera di Bangkok, che insegna a circa 340 alunni
Oggi, queste scuole continuano a rafforzare il legame tra la gioventù svizzera all’estero e il Paese d’origine. Tuttavia, come rileva Künzler, l’80% dei circa 8’000 studenti proviene ormai dai Paesi ospitanti o da altre nazionalità.
Le scuole mantengono alta la reputazione della Svizzera grazie alla qualità dell’insegnamento e al multilinguismo: i corsi sono sempre tenuti in almeno due lingue. La Confederazione le considera un mezzo per instaurare relazioni proficue con i Paesi ospitanti e per attrarre in Svizzera studenti e professionisti altamente qualificati.
Ambasciatrici della Svizzera
Per Serge Künzler, le scuole svizzere all’estero sono vere e proprie ambasciatrici del Paese: “Ogni bambino o bambina che passa per una delle nostre scuole porta in qualche modo la Svizzera nel suo cuore. Alcuni di loro possono diventare leader economici da cui il nostro Paese potrebbe trarre vantaggio”.
Il direttore di educationsuisse sottolinea che le scuole svizzere sono spesso citate come la più importante istituzione svizzera nei Paesi in cui si trovano, insieme alle ambasciate e ai consolati. Oltre a mettere in difficoltà gli alunni e le loro famiglie, la chiusura delle scuole svizzere all’estero, a suo avviso, danneggerebbe gravemente l’immagine della Confederazione.

Gli alunni della scuola svizzera di Lima, in Perù, durante la visita di Ignazio Cassis
La Germania finanzia 136 scuole all’estero con circa 315 milioni di euro l’anno, mentre la Francia investe oltre 1,2 miliardi per 540 scuole in 139 Paesi. L’Italia, infine, gestisce direttamente otto scuole e ne sostiene altre 43 nel mondo.
Tra sostegno e finanziamento alternativo
Anche l’Organizzazione degli Svizzeri all’estero (OSE) esprime preoccupazione per il possibile taglio delle sovvenzioni: “Queste scuole sono un punto di riferimento per la ‘Quinta Svizzera’ e un pilastro della presenza internazionale del nostro Paese, trasmettendo i valori, la cultura e l’istruzione svizzera”, scrive nella sua presa di posizione. L’OSE teme che questa missione sia in pericolo.
A livello parlamentare, il tema non figura tra le priorità, ma divide gli schieramenti. Laurent Wehrli, deputato del PLR e membro dell’intergruppo “Svizzeri all’estero”, è un sostenitore convinto: “Le visito spesso. L’ultima è stata quella di Lima, in Perù. Sono tra le scuole meglio valutate nei rispettivi Paesi, grazie alla qualità elvetica”.
Per Laurent Wehrli, la soluzione sta nel trasferire l’onere dalla Confederazione ai Cantoni. “In Svizzera – ricorda il parlamentare – l’istruzione è una responsabilità cantonale”. Wehrli propone un dialogo tra la Confederazione e i Cantoni per trovare soluzioni transitorie che consentano ai Cantoni di assumere gradualmente il finanziamento delle scuole svizzere.
L’UDC non è altrettanto entusiasta. Il deputato democentrista Thomas Stettler ritiene che il Paese possa fare a meno di questi istituti all’estero e intende sostenere questa proposta di risparmio. “Le scuole che offrono un reale valore aggiunto e soddisfano una domanda elevata – chiosa Stettler – dovrebbero essere in grado di sopravvivere senza fondi federali”.
Gli studenti e le studentesse, così come il personale docente di Bogotà, Singapore e Madrid, dovranno aspettare ancora un po’ per conoscere il loro destino. Il programma di riduzione del bilancio del Governo è in consultazione fino al 5 maggio. Il Parlamento dovrà poi esaminarlo durante le prossime sessioni. E se verrà presentato un referendum, il popolo deciderà probabilmente l’anno prossimo.
Che cos’è SwissSkills?
RSI Giovani e lavoro 30.04.2025, 17:29