L’inizio dell’anno corrisponde sempre con l’introduzione di nuove leggi. Anche negli Stati Uniti, dove da ieri, per esempio, i cacciatori dell’Illinois possono indossare anche giubbotti rosa fluorescente (e non più solo di colore arancione), i bambini dell’Ohio sono costretti a padroneggiare il corsivo, mentre il Vermont offre fino a 10'000 dollari a chi si trasferisce nello stato lavorando in remoto da casa. A spiccare per nuove normative è però la California, dove alcuni cambiamenti riguardano la protezione degli animali domestici.
Basta dunque con i cuccioli di pastore tedesco esposti in vetrina, esemplari di gatto himalaiano pronti da acquistare, o file di cincillà in gabbiette. Da ieri i negozi d’animali di tutta lo Stato possono vendere solo cani, conigli e gatti provenienti da rifugi, agenzie per il controllo degli animali o da organizzazioni di soccorso.
Animali domestici salvati, quindi, e non allevati appositamente per la vendita. È quanto stabilisce una legge appena entrata in vigore, approvata nel 2017 per mettere in difficoltà le cosiddette “kitten factories”, le fabbriche di cuccioli, ovvero i grandi allevamenti spesso finiti al centro delle critiche per le condizioni nelle quali vengono fatti nascere e crescere gli animali.
Una vittoria per i nostri amici a quattro zampe, ma anche per i contribuenti, aveva detto all’epoca il promotore della legge Patrick O Donnell, riferendosi ai 250 milioni di dollari spesi ogni anno per mantenere e poi sopprimere gli animali salvati ma poi rimasti senza un padrone.
I privati che lo desiderano potranno comunque ancora acquistare un cucciolo di una razza specifica, ma dovranno rivolgersi direttamente all’allevatore, che magari è lontano o in un altro Stato, e non basterà più andare semplicemente al negozio dietro l’angolo, il cui proprietario dovrà anzi certificare la provenienza di ogni singolo animale in vendita