Raymond ha un fisico atletico e treccine alla Bob Marley, la mamma mostra orgogliosa le fotografie. Era dal parrucchiere quando un diverbio si è trasformato nell’ennesimo omicidio a Chicago. Quasi 500 morti dall’inizio del 2016, più di New York e Los Angeles messi insieme.
Il mese di agosto – con 90 vittime - è stato il più sanguinoso degli ultimi due decenni.
Chicago, violenza senza fine
A Chicago si muore semplicemente passando per strada nel posto sbagliato. Come accadde nel 2006 a Terrel Bosley, all’epoca adolescente. Il suo nome adesso campeggia sulle T-shirt azzurre che la mamma Pamela e il papà Tom consegnano a un centinaio di bambini e ragazzi per un torneo di basket in sua memoria. Il parcheggio della New Bethlehem Church – all’angolo dell’88esima strada qui nel sud di Chicago – si trasforma per un pomeriggio in un campo di pallacanestro. “Questi ragazzi devono avere un’alternativa, qui dove vivono” mi dice il papà di Terrell. Ma basta guardarsi intorno in un’assolata e sanguinosa estate per vedere che questi ragazzi non ne hanno molte. Qui le istituzioni sembrano assenti, a parte le pattuglie della polizia. Qui ti senti dimenticato. Qui si muore per strada. E se non ti uccidono le gang, sono gli agenti. E’ successo di recente a Paul O’Neal, freddato poche settimane fa con un proiettile alla schiena da un poliziotto. È l’ultima vittima di un elenco molto lungo.
Centinaia di persone scandiscono il suo nome – e quello di altri afro-americani uccisi dalla polizia - durante una manifestazione nel centro di Chicago. Chiedono giustizia. Sfilano in centro città tra i vertiginosi grattacieli e i ponti che tagliano il canale navigabile, a ridosso delle spiagge trendy e affollate sullo splendido lago. I quartieri sud e ovest della metropoli – lontani una manciata di chilometri – sono un altro universo, intrappolati nei loro infernali meccanismi di violenza tra degrado e disoccupazione. “Si muore ogni giorno, tutti i giorni” dice la mamma di Terrell.
Chicago contro le ingiustizie — di Emiliano Bos
RSI Info 03.09.2016, 01:11
Dieci anni dopo l’uccisione di suo figlio, in una sola settimana è andata a consolare tre famiglie che avevano perso un figlio. Vittime della violenza e della diffusione delle armi da fuoco.
Terrell morì il 4 aprile. Il calendario nello stesso giorno ricorda l’assassinio di Martin Luther King. E nello stesso pomeriggio in cui i ragazzini giocano a basket con le magliette azzurre e il nome di Terrell, Chicago inaugura un nuovo monumento al leader dei diritti dei neri. Raffigura la marcia di mezzo secolo fa, quando Martin Luther King chiedeva case e diritti per gli afro-americani. Lo presero a sassate.
Oggi queste madri chiedono che i loro figli – se non li hanno uccisi – abbiano diritto a un futuro.
Emiliano Bos