Sulla situazione umanitaria a Gaza e sulla posizione della Svizzera, SEIDISERA della RSI ha intervistato Joseph Deiss. L’ex consigliere federale è stato l’artefice dell’ingresso della Svizzera nell’ONU, ha consacrato una parte della sua vita a promuovere il rispetto dei diritti umani. L’anno scorso ha pubblicato un libro “Ruptures”, un appello per una dinamica della pace. Un appello che in questa intervista viene rivolto al Governo, al Parlamento e al popolo svizzero.
Signor Deiss, qual è la sua posizione sulla situazione a Gaza?
“Mi sento responsabile, come molti dei miei compatrioti, di fronte alla miseria. Provo vergogna di fronte ai 20’000 bambini uccisi e per gli ostaggi israeliani uccisi o ancora prigionieri. Provo vergogna di fronte a quelle centinaia di migliaia di bambini che vediamo battersi per avere un po’ di farina. Mi vergogno per quei bambini privati di cure e di educazione. Non c’è più spazio per il dubbio, è l’inferno. La situazione umanitaria è orribile e al limite della perversione. In fondo è una vegogna per tutta l’umanità. Provo vergogna però anche per i bambini deportati in Ucraina, per le donne afgane, per le persone uccise in Sud Sudan e in Congo. Mi vergogno anche del nostro silenzio. Perché le persone ne hanno abbastanza del linguaggio sibillino che spesso è vigliacco se non complice”.
Ha parlato di bambini che muoiono di fame, c’è stato un cambiamento nella distribuzione degli aiuti umanitari, molto criticato, condivide queste critiche?
“Sì c’è stato un cambiamento ma in peggio. Adesso si spara sui civili che vengono a cercare aiuto. La soluzione gestita dagli Stati Uniti e da Israele è soprattutto destinata a estromettere le Nazioni Unite e le loro organizzazioni umanitarie. Israele, che è membro dell’ONU dal 1948, si fa beffe della risoluzione 181 che propone la soluzione dei due Stati. Israele non rispetta l’articolo 55 delle convenzioni di Ginevra: afferma che l’occupante deve prendersi cura dei bisogni della popolazione coinvolta. Israele è stato uno dei primi Paesi a ratificare le convenzioni ed è quindi doloroso vedere che si è arrivati a una situazione in cui la popolazione che cerca aiuto rischia di essere colpita”.
Ha parlato delle convenzioni di Ginevra, la Svizzera è il Paese depositario, secondo lei qual è il messaggio che la Svizzera diffonde e quale invece dovrebbe essere?
“Il nostro Paese dice sempre che la nostra protezione è il diritto internazionale. Non abbiamo un esercito che possa difenderci dalla grandi potenze nucleari. E siamo tra i Paesi che hanno contribuito maggiormente a questo diritto internazionale. Per un Paese come il nostro anche la neutralità è una protezione ma riguarda unicamente le guerre bilaterali, non ha a che vedere con ciò che sta accadendo adesso che si stanno commettendo crimini di guerra. Noi abbiamo la vocazione di dirlo forte e chiaro che questi principi sono validi sempre. Non si può invocare la neutralità. Due sono le soluzioni: o si condanna chiaramente oppure siamo complici e lo si ammette. Mi aspetto dalla Svizzera, dal Consiglio federale sostenuto dal Parlamento e dal popolo una condanna e un’azione affinché questo cessi, non solo a Gaza. Dobbiamo alzarci e dire che non lo accettiamo, dobbiamo cercare di lanciare una dinamica della pace dappertutto”.
E quindi secondo lei in che modo le misure adottate fino ad ora dalla Confederazione sono adeguate?
“Ci sono due livelli in cui dobbiamo agire, io pretendo dal mio Paese che sia una forza morale. Dobbiamo dire che un crimine è un crimine e che i bambini che cercano cibo non sono dei terroristi. Dobbiamo promuovere il diritto internazionale dappertutto. Rifiuto che il nostro Paese non sia uno dei 22 Paesi in Europa che porta avanti il discorso. Dobbiamo aiutare anche materialmente dove serve, perché ne abbiamo i mezzi. E devo dire che lo spettacolo dato dal Parlamento e dal Consiglio federale nel sostegno all’UNRWA è stata un’immagine deplorevole del nostro Paese. Prima il Parlamento che ha tergiversato e poi solo alla fine è riuscito a salvare il suo onore. E il Consiglio federale che si è pronunciato per un cifra troppo bassa ma ha escluso Gaza da questi aiuti. E’ una cosa al limite del cinico. Dobbiamo essere a fianco degli oppressi, degli umiliati e dei perseguitati, dei prigionieri, di chi rischia di essere ucciso. Questa è la nostra missione ed è questa la dinamica che dobbiamo lanciare”.
Mi sembra di capire che lei stia lanciando un appello al Consiglio federale e al Parlamento…
“Sì, molte svizzere e svizzeri vengono da me da quando ho cominciato ad esprimermi e mi dicono che la Svizzera deve mostrare l’immagine di come noi la concepiamo. Non vogliamo più i discorsi vuoti del linguaggio diplomatico, noi svizzeri vogliamo che la Svizzera dica che è solidale con coloro che sono oppressi, che sono disprezzati, spesso torturati o addirittura uccisi”.

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