Temendo che nuove minacce possano arrivare dal fronte siriano, Israele, attraverso una maxi operazione aerea, denominata Fionda di Bashan, ha distrutto “l’80% delle capacità militari siriane”, navi, aerei e missili. Con l’obiettivo, ha rivendicato il premier Benyamin Netanyahu, che “non finiscano nelle mani dei jihadisti”, saliti al potere a Damasco dopo la fuga di Bashar al Assad. E con l’intenzione di creare una zona cuscinetto demilitarizzata, oltre la Linea Alpha di confine, ma “senza una presenza israeliana permanente”, ha assicurato il ministro degli Esteri Israel Katz. Sono complessivamente 480 i raid aerei compiuti da Israele su obiettivi militari nelle ultime 48 ore in Siria, tra cui batterie antiaeree, aeroporti, siti di produzione di armi, depositi di armi, strutture militari. Lo riferisce l’Idf aggiungendo di aver distrutto “la maggior parte delle scorte di armi strategiche in Siria”. La Marina israeliana ha inoltre preso di mira due strutture della Marina siriana, “distruggendo 15 navi”, aggiunge l’esercito israeliano in un comunicato su Telegram. Gli organi israeliani che continuano ad operare in Siria sono il Comando nord, responsabile della missione nel sud del Paese e del cuscinetto al confine, l’aeronautica e l’intelligence.
“Oggi (lunedì n.d.r.) l’Idf ha completato la parte strategica centrale dell’operazione Hats Bashan (Fionda di Beshan) iniziata nella notte tra sabato e domenica, con la consapevolezza che il regime di Assad stava cadendo. Centinaia di obiettivi strategici siriani sono stati attaccati nell’operazione e le forze di sicurezza continuano a operare nella zona cuscinetto”, hanno riferito le fonti militari a Channel 12. Nell’ambito dell’operazione, 350 caccia dell’Iaf hanno effettuato attacchi in tutta la Siria e distrutto 320 obiettivi strategici: aerei, missili terra-aria, terra-mare, Scud da crociera, navi militari e carri armati, riporta l’emittente, a Damasco, Homs, Tartus, Latakia e Palmira, ha confermato l’Idf. La Marina israeliana avrebbe inoltre distrutto gran parte della flotta militare che è stata di Assad, mentre secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani un numero imprecisato di soldati lealisti sarebbero morti nei raid aerei sulle basi militari in cui si erano rifugiati in attesa di poter fuggire.
Un’operazione che al presidente turco Recep Tayyip Erdogan (il quale ha sostenuto l’avanzata dei ribelli dell’Hts fino a Damasco), appare una vera e propria “aggressione” più che una manovra difensiva, che mette a rischio la stabilità della Siria. Posizione espressa sia al segretario generale della NATO, Mark Rutte, che in una telefonata con la premier italiana Giorgia Meloni, alla quale Erdogan ha ribadito come sia “imperativo che la Siria venga liberata dal terrorismo”. La presidente del Consiglio ha convenuto sull’importanza di “preservare l’unità e l’integrità territoriale della Siria, assicurando una transizione pacifica” e insistito “sull’assoluta necessità di garantire l’incolumità dei civili”.
Dal canto suo il premier israeliano Benyamin Netanyahu, in una nota diffusa dal suo ufficio, ha dichiarato: “Se il nuovo regime in Siria permetterà all’Iran di tornare a stabilirsi o permetterà il trasferimento di armi a Hezbollah, risponderemo con forza e gli faremo pagare un prezzo pesante. Siamo intenzionati a fare tutto il necessario per garantire la nostra sicurezza. In questo contesto, ho autorizzato l’aviazione a bombardare capacità militari strategiche lasciate dall’esercito siriano, affinché non finiscano nelle mani dei jihadisti”. Parlando dal ministero della Difesa a Tel Aviv, il primo ministro ha aggiunto: “Vogliamo avere relazioni con il nuovo regime siriano. Ma se questo regime permetterà all’Iran di tornare a stabilirsi in Siria, o permetterà il trasferimento di armi iraniane o qualsiasi altra arma a Hezbollah, o se ci attaccherà, risponderemo con forza e gli faremo pagare un prezzo pesante. Ciò che è accaduto al precedente regime accadrà anche a questo”. Netanyahu ha affermato che ciò che sta facendo Israele “è simile a ciò che fece la Royal Air Force britannica quando bombardò la Marina del regime di Vichy che collaborava con i nazisti, per impedire che finisse proprio nelle mani dei nazisti”.
Stando però a un video verificato da fonti sul terreno, a Latakia, lasciata in fretta e furia dalle forze russe, sono già rispuntate le bandiere nere dell’Isis, mentre altri filmati provenienti da diverse città mostrano esecuzioni sommarie di esponenti dell’ex regime. Non è chiaro quanto il nuovo governo di Damasco - che tenta di accreditarsi come tollerante e affidabile - riesca a controllare il Paese e le varie milizie che hanno contribuito alla caduta di Assad. Muhammad al Bashir, fedelissimo di Abu Mohammed al Jolani, è stato nominato formalmente nuovo premier di transizione “per gestire gli affari correnti” fino al primo marzo. La nuova leadership ha avuto anche una prima riunione con diversi ambasciatori, compreso - unico occidentale - l’italiano Stefano Ravagnan. Un incontro giudicato “positivo” dai nuovi signori di Damasco, e conclusosi con “la promessa” da parte dei diplomatici di “un coordinamento di alto livello”.

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