Una sola votazione e una fumata in serata, che (quasi) certamente sarà nera: mercoledì inizia il conclave che porterà all’elezione del successore di Jorge Mario Bergoglio, papa Francesco.

Pietro Parolin è allo stesso tempo l'uomo che dirigerà i lavori del conclave e uno dei papabili più accreditati
Il primo appuntamento significativo della giornata è fissato per le 10, quando il cardinale decano Giovanni Battista Re celebra la messa “Pro eligendo pontifice”. Solo dopo pranzo, però, alle 16.30, la processione dei porporati farà il suo ingresso nella Cappella Sistina indossando l’abito corale. A guidare i lavori sarà Pietro Parolin, il segretario di Stato sotto Francesco. Non Re né il suo vice Leonardo Sandri, perché entrambi ultraottantenni non potranno partecipare all’elezione.

La processione prima del conclave del 2005
Il giuramento degli addetti e dei 133 elettori
Gli elettori che avrebbero diritto ad entrare in Sistina sono 135 (su 252), ma due sono malati e assenti: il kenyano John Njue e lo spagnolo Antonio Cañizares Llovera. Due gli svizzeri, il 75enne ex vescovo di Basilea Kurt Koch, nominato presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani da Papa Benedetto XVI nel 2010, e il 78enne vallesano Emil Paul Tscherrig, uomo della diplomazia vaticana. Le loro chance di elezione sono minime.
Preso posto sotto gli affreschi di Michelangelo, dove dal 28 aprile i turisti non sono più ammessi e dove sono stati installati i tavoli, le sedie e le stufe (una dal 1939 brucia schede e appunti, l’altra collegata, aggiunta nel 2005, è per gli additivi che danno il colore alla fumata), i cardinali giureranno secondo la formula citata nella Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis.

I lavori preparatori dentro la Sistina, iniziati il 28 aprile
“Noi tutti e singoli Cardinali elettori presenti in questa elezione del Sommo Pontefice promettiamo, ci obblighiamo e giuriamo di osservare fedelmente e scrupolosamente tutte le prescrizioni contenute nella Costituzione apostolica del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, Universi Dominici Gregis, emanata il 22 febbraio 1996. Parimenti, promettiamo, ci obblighiamo e giuriamo che chiunque di noi, per divina disposizione, sia eletto Romano Pontefice, si impegnerà a svolgere fedelmente il munus Petrinum di Pastore della Chiesa universale e non mancherà di affermare e difendere strenuamente i diritti spirituali e temporali, nonché la libertà della Santa Sede. Soprattutto, promettiamo e giuriamo di osservare con la massima fedeltà e con tutti, sia chierici che laici, il segreto su tutto ciò che in qualsiasi modo riguarda l’elezione del Romano Pontefice e su ciò che avviene nel luogo dell’elezione, concernente direttamente o indirettamente lo scrutinio; di non violare in alcun modo questo segreto sia durante sia dopo l’elezione del nuovo Pontefice, a meno che non ne sia stata concessa esplicita autorizzazione dallo stesso Pontefice; di non prestare mai appoggio o favore a qualsiasi interferenza, opposizione o altra qualsiasi forma di intervento con cui autorità secolari di qualunque ordine e grado, o qualunque gruppo di persone o singoli volessero ingerirsi nell’elezione del Romano Pontefice”.
Questo collegialmente. E poi singolarmente ognuno affermerà “ed io N. Cardinale N. prometto, mi obbligo e giuro”, e, ponendo la mano sopra il Vangelo, aggiungerà: “Così Dio mi aiuti e questi Santi Evangeli che tocco con la mia mano” (“Et ego spondeo, voveo ac iuro. Sic me Deo audivet et haec Sancta Dei Evangelia, quae manu mea tango”, nella formulazione latina).

Il comignolo installato la scorsa settimana
Gli addetti al conclave, ecclesiastici e civili (infermieri, personale della mensa e delle pulizie,…), hanno già giurato solennemente lunedì in una cerimonia nella cappella Paolina di rispettare il segreto su quanto avverrà durante il conclave. La pena per chi lo viola è la scomunica “latae sententiae”, cioè automatica, senza che debba essere pronunciata da qualcuno.
“Fuori tutti”
Fra quanti hanno giurato anche gli ultimi a restare nella Cappella Sistina insieme ai cardinali elettori, dopo processione e giuramento: il maestro delle cerimonie pontificie Diego Ravelli, un arcivescovo ma non un cardinale, è colui che pronuncia l’”extra omnes”, ovvero “fuori tutti”.

Il cerimoniere monsignor Diego Ravelli, qui con Papa Francesco, pronuncerà l'extra omnes
Resta all’interno insieme all’ex predicatore della casa pontificia, il cappuccino Raniero Cantalamessa – lui sì cardinale ma 90enne e quindi non elettore - incaricato dell’ultima meditazione. Finita questa, anche loro escono.

L'ex predicatore pontificio, il frate cappuccino Raniero Cantalamessa. A lui è stata affidata l'ultima meditazione, ma poi dovrà lasciare la Cappella Sistina: è cardinale, ma non elettore avendo superato gli 80 anni
A occuparsi della chiusura delle porte è l’ultimo cardinale diacono, che oggi è l’indiano 51enne George Jacob Koovakad, colui che dal 2021 è stato l’organizzatore dei viaggi papali.

Il cardinale Koovakad chiuderà la porta della Sistina
Come funzionano le votazioni
Tutto quanto accade da qui in avanti nel conclave (dal latino “cum clave”, “chiuso a chiave”) è coperto da segreto. Qualsiasi dispositivo tecnologico che possa registrare immagini o voci oppure far pervenire informazioni all’esterno è bandito. È ora il momento della prima votazione. L’unica, come detto, della giornata di mercoledì. Il modo di elezione “per scrutinium” è oggi l’unico ammesso, in passato si poteva procedere “per acclamationem seu inspirationem” o “per compromissum”.
Si procede in tre fasi: la prima con la distribuzione delle schede e l’estrazione a sorte di tre cardinali scrutatori, tre revisori e tre “infirmarii”. Questi ultimi sono incaricati di ritirare le schede di chi – pur avendone diritto – non può essere presente in Cappella per l’elezione in quanto malato. Si temeva fosse il caso per il cardinale arcivescovo di Sarajevo Vinko Puljic, che però nei giorni scorsi ha detto che – pur avendo bisogno di aiuto – intende esserci di persona invece di restare in stanza a Santa Marta.
La seconda fase è lo scrutinio vero e proprio: ogni cardinale elettore scrive il nome del suo prescelto sulla scheda, sotto la scritta “eligo in summum pontificem”, la piega in due e – a turno - la porta all’altare, dove la poggia su un piatto e da esso la rovescia nell’urna pronunciando la formula “Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto”. Al termine l’urna viene agitata per mescolare le schede e quindi gli scrutatori le estraggono: i primi due le leggono in silenzio, una alla volta, e solo il terzo ricevendole legge i nomi. Si procede quindi alla conta, certificata dai revisori. Nel caso nessuno abbia raggiunto il quorum richiesto dei due terzi, le schede vengono forate sulla parola “eligo”, legate insieme e, con gli appunti dei cardinali, vengono quindi bruciate. Dal comignolo installato la scorsa settimana esce la prima fumata nera. Come detto, è l’esito praticamente scontato di mercoledì.
Al termine, i cardinali tornano a Santa Marta, dove avranno già preso possesso delle loro stanze (estratte a sorte) nelle ore precedenti il conclave e dove saranno alloggiati per tutta la sua durata.
Da giovedì, due votazioni il mattino e due il pomeriggio
Da giovedì di votazioni ne sono previste quattro al giorno, due il mattino e altrettante il pomeriggio e la giornata è scandita da un rituale e da orari precisi. Colazione il mattino presto dalle 6.30, messa, entrata in Sistina alle 9.30 per la preghiera seguita da due votazioni. Solo dopo la seconda – sarà a fine mattinata, verso mezzogiorno - si prevede una fumata, a meno naturalmente che per l’elezione basti la prima (nel qual caso la fumata bianca arriverà verso le 10.30). Quindi pausa per il pranzo a Santa Marta, con spostamento a piedi o in navetta. A pomeriggio inoltrato, attorno alle 16, rientro in Sistina per altre due votazioni. Fumata alle 17.30 circa se bianca, altrimenti non prima delle 19. La cena è attorno alle 20.
I papabili più citati
Se dopo tre giorni a questo ritmo non è stato eletto il nuovo Papa, è prevista una pausa di al massimo un giorno di preghiera e colloquio. E poi di nuovo un’altra dopo altri sette scrutini senza esito. Dopo la 34esima votazione si andrebbe al ballottaggio fra i due più votati, mantenendo però una maggioranza richiesta dei due terzi come voluto da Papa Ratzinger.
Gli ultimi conclavi sono stati brevi, ma stavolta il quorum richiesto è da record
Si tratta di un’opzione poco più che teorica: i tempi dei conclavi della durata di due anni o anche più sono passati da secoli, dall’inizio del XX mai si è andati oltre il quinto giorno e i nomi di Joseph Ratzinger e Jorge Mario Bergoglio arrivarono nel pomeriggio del secondo, rispettivamente dopo quattro e cinque scrutini.

I cardinali elettori sono 135, 133 entrano in conclave (2 sono malati): per l'elezione necessaria una maggioranza dei due terzi (89 voti)
Vero è che prima di arrivare in Vaticano per il conclave – spesso dalle periferie del mondo cattolico dove Francesco ha proceduto a parecchie nomine - molti dei cardinali non si conoscevano fra loro. Ed è vero che con tanti elettori, 133 in eccezione alla Universi Dominici Gregis che fissava un tetto di 120, il quorum richiesto è di 89 voti e quindi il più alto di sempre. Tuttavia, diversi cardinali parlando alla stampa nei giorni scorsi hanno detto di non attendersi una lunga durata, per quanto magari superiore a quella degli ultimi due conclavi. Bisognerà vedere quanto le congregazioni generali degli scorsi giorni avranno fatto emergere qualche personalità e chiarito le opinioni.
Dopo l’elezione un dialogo in latino
Quando un cardinale raggiungerà i due terzi dei voti necessari all’elezione, toccherà al cardinale Parolin chiedergli se accetta l’elezione (“Acceptasne electionem de te canonice factam in Summum Pontificem?”) e, in caso affermativo, come voglia farsi chiamare (“Quo nomine vis vocari?”). Parolin è considerato fra i papabili (anzi, addirittura il favorito secondo i bookmaker), e se fosse lui l’eletto la domanda gli verrebbe posta dal cardinale Fernando Filoni.
La “stanza delle lacrime”
A questo punto, la Chiesa avrà un nuovo Papa e dal comignolo uscirà la fumata bianca, mentre il pontefice passerà nella cosiddetta “stanza delle lacrime”, un’anticamera dove indosserà l’abito preparato per lui scegliendo fra tre diverse taglie (50, 54 o 58). Il nome di questo locale, che contrasta per la sua semplicità con lo sfarzo della Sistina, è dovuto al fatto che qui il pontefice potrebbe sfogare le umane emozioni di fronte al ruolo conferitogli e alla responsabilità che esso comporta.

La "stanza delle lacrime", dove il nuovo Papa troverà l'abito preparato per lui in tre taglie diverse
L’annuncio dalla loggia di San Pietro
Dall’elezione potrebbe passare anche un’ora prima che il cardinale protodiacono si presenti sulla loggia centrale di San Pietro per dare l’annuncio: “Annuntio vobis gaudium magnum: habemus Papam! Eminentissimum ac reverendissimum dominum, dominum … Sanctae Romanae Ecclesiae, cardinalem… Qui sibi imposuit nomen…”.

Il cardinale protodiacono Dominique Mamberti, sarà lui a pronunciare la frase "Habemus papam...."
È la formula latina che introduce il nome di battesimo, quindi il cognome del cardinale eletto e infine il suo nome da Papa. L’incarico di dare questo annuncio spetterà al corso Dominique Mamberti, protodiacono da quando nell’ottobre scorso era morto Renato Raffaele Martino. Prima di Martino c’era stato un altro francese, Jean-Louis Tauran, colui che diede l’annuncio dell’elezione di Bergoglio con il nome di Francesco.
Quindi, dopo un’altra breve attesa, dal medesimo balcone si affaccerà il nuovo Papa. Nel 2013, erano le 20.24 del 13 marzo quando Bergoglio rivolse il suo “buonasera” alla folla sulla piazza.