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Anticorpi che funzionano

Sono i cosiddetti monoclonali, ora somministrati a Donald Trump - Vengono studiati anche in Italia – L’esperto: “Sicuri e precisi, ma costosi”

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RG 12.30 del 04.10.20 - Giuseppe Novelli, ricercatore e docente di genetica medica, al telefono con Giuseppe Limoncello

RSI Mondo 04.10.2020, 15:14

  • Archivio keystone
Di: RG/dielle

Il presidente statunitense Donald Trump, contagiato dal nuovo coronavirus e ricoverato all'ospedale militare di Walter Reed, è in cura anche con una terapia a base di anticorpi monoclonali, un trattamento in forma sperimentale sul quale si sta lavorando da aprile, oltre che in Ticino (Humabs BioMed, vedi correlati) anche in Italia, all'Universita Tor Vergata di Roma, in collaborazione con l'Istituto Spallanzani e l’Università di Toronto.

Ma cosa sono esattamente? Giuseppe Novelli, tra i protagonisti della ricerca e professore di genetica medica, ci aiuta a capirne di più: “Gli anticorpi monoclonali sono molecole intelligenti e farmaci molto efficaci e sicuri. Li utilizziamo già dalla fine degli anni ’70 in particolare per la cura del cancro, per l’artrite reumatoide e per le malattie autoimmuni. Sono ottimi farmaci perché vanno a colpire un obbiettivo preciso e accurato. Per le malattie infettive sono già stati utilizzati con successo contro l’infezione da Ebola. Sono quindi farmaci efficaci e sicuri, ma al contempo molto costosi, cosa che non sempre ne rende facile la produzione.”

Nella ricerca italiana ne sono stati finora individuati 4 e, dai test in provetta, risultano molto efficaci perché neutralizzano l’ingresso del virus nelle cellule. Il processo per arrivare a un farmaco è però lungo e, al momento, i dati più aggiornati vengono proprio dagli Stati Uniti, dove due di questi anticorpi sono già in una fase sperimentale avanzata sugli umani. “Dai primi dati che abbiamo dai colleghi americani, più di 2'000 pazienti sono stati trattati e i risultati sono molto buoni e senza eventi avversi gravi, ma soprattutto hanno dimostrato una diminuzione della carica virale bloccando la diffusione del virus ad altri organi e tessuti”.

Per Novelli non ci sono quindi particolari rischi nella somministrazione, anche se il paziente è il presidente degli Stati Uniti: “Innanzitutto hanno avuto l’autorizzazione dalla FDA (Food and Drug Administration, ndr) perché la loro legislazione permette anche di sperimentare su casi singoli. Sono inoltre farmaci che già conosciamo e che servono a curare i malati, non la popolazione comune come ad esempio con i vaccini, quindi i dati di 2'000 pazienti sono già una buona base. Sono utili e testati, per cui se la FDA ha dato il permesso credo che sia stata una buona idea, anche perché non conosciamo nel dettaglio il quadro clinico di Trump, i colleghi avranno certamente valutato attentamente l’utilizzo di questa terapia di cui hanno avuto prove convincenti che funzioni.”

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