Svizzera

Terzo pilastro, "bene di lusso"

Due svizzeri su tre ne hanno uno, ma non è accessibile a tutti e va ancora valorizzato

  • 13 June 2016, 06:19
  • 16 June 2023, 23:40

Terzo pilastro, un "bene di lusso" - di Stefano Pongan

RSI Svizzera 13.06.2016, 08:00

Privato e facoltativo, il terzo pilastro è diventato oggi "un pilastro fondamentale del sistema pensionistico svizzero", perché si va "sempre più nella direzione di un risparmio obbligatorio (AVS e secondo pilastro) non sufficiente, o che comunque pone qualche rischio", afferma Jenny Assi, docente e ricercatrice alla SUPSI. Bisogna quindi informarsi e tutelarsi, per non rischiare di raggiungere l’età di pensionamento senza disporre di un reddito che garantisca un tenore di vita perlomeno dignitoso, se non equivalente a quello precedente. E sulla responsabilità individuale mette l'accento anche Carlo Marazza, il direttore dell'Istituto delle assicurazioni sociali ticinese, secondo il quale il terzo pilastro va valorizzato non più al solo scopo di soddisfare bisogni supplementari, ma come sostegno sempre più importante ai primi due.

Chi lavora a tempo parziale, in modo irregolare o per salari molto bassi difficilmente ha i mezzi per un risparmio previdenziale privato che colmi le lacune del secondo pilastro

Chi lavora a tempo parziale, in modo irregolare o per salari molto bassi difficilmente ha i mezzi per un risparmio previdenziale privato che colmi le lacune del secondo pilastro

  • © Ti-Press / Carlo Reguzzi

Oggi meno di due svizzeri su tre dispongono di un terzo pilastro: l’ultimo dato dell’Ufficio federale di statistica, riferito al 2012, indica un tasso del
63,8%. Ma dieci anni prima si era al 57,3% e ora più di metà della della popolazione comincia a risparmiare già prima dei 40 anni. A prima vista, quindi, una fotografia piuttosto rassicurante.
"Una percentuale elevata, nel confronto con altri paesi europei", conferma Jenny Assi,
"ma non è sufficiente" per far fronte alle lacune nella copertura di chi non ha un secondo pilastro o non ha potuto alimentarlo con continuità durante la carriera lavorativa, a causa di disoccupazione o impiego a tempo parziale mal retribuito.

Affiliazione al terzo pilastro in base al sesso

Affiliazione al terzo pilastro in base al sesso

  • rsi/px

Le statistiche recenti a livello nazionale sono molto lacunose, ma uno sguardo ai numeri disponibili mostra che gli
uomini sono meglio coperti delle donne (il 66,6% contro il 60,4%). E, soprattutto, il
grado di copertura cresce significativamente con quello di istruzione (e quindi, è lecito supporre, con il salario): se tocca infatti il 71,5% fra quanti hanno una formazione universitaria, si ferma al 62% fra i titolari di un diploma di maturità e al 42,5% fra chi non è andato oltre la scuola obbligatoria.

Affiliazione al terzo pilastro in base al livello di formazione

Affiliazione al terzo pilastro in base al livello di formazione

  • rsi/px

Ha sia secondo che terzo pilastro il 68,6% dei salariati laureati e solo il 37,8% di chi si è fermato alle medie, mentre a 65 anni disporrà della sola AVS appena il 2% dei primi e ben il 12% dei secondi, dato addirittura in crescita rispetto al 2008. Fra gli indipendenti, siamo rispettivamente al 19,4 e al 35,7%, solo un paio di punti meglio nel confronto con dieci anni prima.
Un quarto di chi lavora in proprio non ha altra copertura che l'AVS. Lo aveva evidenziato anche uno studio realizzato con la SUPSI una decina di anni fa e il Ticino era stato fra i pochi ad approfondire il caso dei cosiddetti
"free pension worker", non affiliati obbligatoriamente alla previdenza professionale.

Fra i motivi di rinuncia al terzo pilastro, spiccano quelli economici

Fra i motivi di rinuncia al terzo pilastro, spiccano quelli economici

  • © Ti-Press / Carlo Reguzzi

Cosa significa questo? Che
tendenzialmente dispone di un terzo pilastro chi ne ha meno bisogno, chi cioè dispone di un reddito sufficiente a garantirsi accanto all’AVS anche un solido secondo pilastro. Una recente inchiesta della piattaforma finanziaria
Moneypark pone la scarsa informazione e la fiducia nei primi due pilastri quali principali motivi di rinuncia a costituirne un terzo, ma le statistiche federali dicono altro: i motivi sono economici per il 45,5% dei salariati e il 47,7% degli indipendenti, valori che crescono fino al 53,2% fra chi ha un basso livello di formazione. In altre parole, chi non lo fa è perché non può permetterselo.

Pensarci per tempo: effetto del mercato del lavoro di oggi, i giovani sono fra le categorie più a rischio di sottocopertura, secondo Marazza

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  • © Ti-Press / Tatiana Scolari

Secondo
Jenny Assi, il terzo pilastro è ancora vissuto come "un bene di lusso", non accessibile a tutti. Termine un po' esagerato secondo
Marazza, che però riconosce: ci sono categorie, fra gli indipendenti, i salariati con paghe basse, le persone non attive professionalmente, che non sono in grado di risparmiare privatamente per la vecchiaia e una volta in pensione avranno bisogno del sostegno dello Stato sociale. Ma c'è anche chi ce la potrebbe fare ed è questa categoria che bisogna sensibilizzare affinché provveda per tempo, secondo il direttore dell'Istituto assicurazioni sociali. Oggi però per la sensibilizzazione "non si fa abbastanza". Il rischio è di ritrovarsi in futuro con un'ulteriore pressione sulle casse pubbliche, in particolare attraverso le richieste di prestazioni complementari.

Stefano Pongan

Come funziona il terzo pilastro

Ancorato nella Costituzione nel 1972, il terzo pilastro del sistema previdenziale elvetico si basa sul risparmio personale e sulla volontarietà: non c’è l’obbligo di averne uno o di contribuire in modo regolare. Si suddivide in previdenza vincolata (3a) e libera (3b). Lo Stato promuove in particolar modo la prima, aperta a chiunque eserciti un’attività lavorativa in Svizzera (anche se residente all’estero) e che può assumere la forma di un conto bancario o di una polizza assicurativa. Il contributo massimo di 6'768 franchi annui (il 20% del reddito ma non più di 33'840 franchi per gli indipendenti privi di una cassa pensioni) è infatti deducibile dalle imposte e non si dichiara nemmeno il capitale accumulato. Esso viene ritirato integralmente al più presto cinque anni prima e al più tardi cinque anni dopo l’età di pensionamento ordinaria: se si continua a lavorare dopo i 65 anni, si può anche continuare a contribuire. A determinate condizioni, il capitale può essere prelevato in anticipo: se si lascia definitivamente il paese, se si avvia o si cambia un’attività indipendente, se si è titolari di una rendita intera AI, per l’acquisto di un’abitazione o per riscattare anni di secondo pilastro. Con un’avvertenza: a ogni prelievo le imposte, stavolta sì, si pagano.

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