Cultura e spettacoli

Un palmares più che adeguato

Cannes 2016 – Il commento di Francesca Felletti

  • 22 maggio 2016, 21:24
  • 4 settembre 2023, 15:22
Palais de Festival

Palais de Festival

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Un palmares più che adeguato e, con malcelata soddisfazione, in linea con i nostri pronostici.

Con una certa soddisfazione confermiamo la nostra previsione della Palma d’oro all’intenso I, Daniel Blake di Ken Loach: forse perché i problemi del mondo del lavoro ormai riguardano tutti? Forse per la sincerità e vicinanza del regista inglese alla classe dei più deboli è qui più che mai evidente? Forse perché è un gran film!

Miglior attore il bravo Shahab Hossein che veste una maschera di ipocrisia - pur nella vicinanza alla moglie appena aggredita - in Forushande di Asghar Farhad (a cui noi poche ore fa avevamo dato il Premio alla giuria, ma al di là della posizione siamo felici del riconoscimento al film).

Migliore interpretazione femminile: quella di Jaclyn Jose nell’interessantissimo e agghiacciante Ma’Rosa di Brillante Mendoza, che narra le vicende di una spacciatrice di droga incastrata dalla corrotta polizia filippina.

Il premio alla regia va ad American Honey di Andrea Arnold: per sua capacità di seguire con verità un gruppo di ragazzi ai margini della società che sale - cosa potrebbero fare altrimenti? – su di un pulmino e percorre i vari stati americani per vendere abbonamenti a riviste e guadagnare qualche soldo. Camera a mano e qualche primo piano che dice tutto di loro.

Il riconoscimento per la messa in scena va a Cristian Mungiu per il potente Bacalaureat che denuncia con efficacia e inquietudine corruzione e favoritismo della società rumena.

Premi con che ci paiono fuori luogo sono quelli alla messa in scena: Personal Shopper di Olivier Assayas, perché, pur interpretato da una sempre in parte Kristen Stewart, indugia su particolari ad effetto come la rappresentazione dei fantasmi (Fritz Lang parlando di M - Il mostro di Düsseldor disse che la violenza e lo straordinario non vanno ripresi ma descritti con particolari) o l’autoerotismo della protagonista. Ma soprattutto per la superficialità della trama. E il Gran premio della Giuria a Juste la fin du monde di Xavier Dolan, con una sequenza di primi piani più espressionisti che espressivi per un dramma intimista e familiare poco interessante, per non dire noioso.

Francesca Felletti


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