Arte e Spettacoli

Elmgreen & Dragset

L’arte spiazzante del duo artistico

  • 01.06.2022, 10:21
  • 14.09.2023, 09:19
Elmgreen & Dragset alla Fondazione Prada, 2022

Elmgreen & Dragset alla Fondazione Prada, 2022

Di: Francesca Cogoni 

Un funambolo si aggrappa alla fune con una mano. Non sappiamo come sia scivolato né se riuscirà a risalire sulla corda o si lascerà cadere. È immobile, in equilibrio precario, sospeso nel vuoto. Emblema di una condizione di instabilità e inazione comune a molti oggi. Sulla maglietta che indossa leggiamo la scritta “What’s Left?”, ovvero “Cos’è rimasto?”. Ma quella L maiuscola potrebbe fare riferimento anche alla sinistra politica. Sono tante le domande che sorgono guardando questa figura iperrealista.

“Corpi inutili?” si chiedono i due artisti, che in questa vasta esposizione indagano e riflettono sulla condizione mutevole e incerta del corpo nell’epoca contemporanea. E a tale interrogativo si aggiungono quelli contenuti nel bel volume che accompagna la mostra e che raccoglie i contributi e i pensieri di numerosi studiosi e intellettuali (dall’archeologo e storico dell’arte Salvatore Settis alla filosofa Rosi Braidotti, all’architetto Rem Koolhaas, solo per dirne alcuni). Il corpo esiste ancora? Che tipo di corpo richiede la nostra società? Che cosa succede se i nostri corpi non invecchiano? E ancora, che cosa è più spaventoso: un essere umano che si comporta come una macchina o una macchina che agisce come un essere umano? Domande su domande a cui non è semplice dare risposta, per un progetto espositivo spiazzante e conturbante, come è del resto tutta l’arte di Michael Elmgreen (Copenaghen, 1961) e Ingar Dragset (Trondheim, Norvegia, 1969).

Veduta della mostra “Useless Bodies” di Elmgreen & Dragset. Fondazione Prada, Milano

Veduta della mostra “Useless Bodies” di Elmgreen & Dragset. Fondazione Prada, Milano

  • Courtesy Fondazione Prada

“In quest’era post-industriale, in cui quasi ogni aspetto della vita è digitalizzato e gran parte della realtà avviene su uno schermo, la nostra esistenza fisica appare sempre più superflua. Nel 2018, quando abbiamo iniziato a lavorare al concept della mostra Useless Bodies? in Fondazione Prada – parecchio tempo prima della pandemia di Covid-19 –, volevamo investigare la ridefinizione culturale del corpo degli ultimi decenni vista attraverso il mercato del lavoro, lo spazio pubblico, le industrie del settore sanitario, le politiche di genere, il sesso e il modo in cui comunichiamo. […] Sono temi che contraddistinguono la nostra pratica artistica sin dall’inizio della nostra collaborazione” spiegano i due artisti. Un’investigazione, quella di Elmgreen & Dragset, che assume toni caustici e provocatori. Venata spesso di surrealtà, talvolta di iperrealtà, la loro ricerca nasce sempre da una profonda osservazione e analisi della società contemporanea, certe volte giungendo persino a prefigurarla, come nel caso dell’installazione Garden of Eden: un grande ufficio totalmente deserto, con tutte le scrivanie uguali e ordinate, ricreato dagli artisti nel piano superiore del Podium della Fondazione Prada. Guardarlo ora, dopo aver vissuto due anni di emergenza sanitaria, lockdown e smart working fa un certo effetto.

Veduta della mostra “Useless Bodies” di Elmgreen & Dragset. Fondazione Prada, Milano

Veduta della mostra “Useless Bodies” di Elmgreen & Dragset. Fondazione Prada, Milano

  • Courtesy Fondazione Prada

Di base a Berlino, con un corposo curriculum di mostre e progetti in tutto il mondo, Elmgreen & Dragset non sono abili soltanto nell’indagare e registrare i mutamenti in atto, ma anche e soprattutto nel trasformare gli spazi artistici e pubblici con esiti inaspettati. Dai primi anni Duemila, infatti, il duo altera i contesti in cui si trova a operare, generando spesso scalpore. Uno dei casi più emblematici fu il progetto The Collectors, in occasione della 53 Biennale di Venezia nel 2009, quando i due tramutarono i padiglioni dei Paesi Nordici e della Danimarca nella futuristica casa di un immaginario collezionista, Mr. B, arredata con opere di artisti da loro invitati e con tanto di piscina esterna in cui galleggiava il cadavere del proprietario. Com’era finito annegato il misterioso collezionista? Chissà…

Veduta della mostra “Useless Bodies” di Elmgreen & Dragset. Fondazione Prada, Milano

Veduta della mostra “Useless Bodies” di Elmgreen & Dragset. Fondazione Prada, Milano

  • Courtesy Fondazione Prada

Allo stesso modo, per molti rimase un mistero come ci fosse arrivata una Fiat Uno bianca targata Napoli, con una mappa di Rimini sul cruscotto e una roulotte al seguito, nell’Ottagono della Galleria Vittorio Emanuele di Milano. Parliamo dell’installazione Short Cut del 2003, primo progetto pubblico in Italia di Elmgreen & Dragset, su invito della Fondazione Nicola Trussardi. Lì per lì, vedendo la pavimentazione danneggiata e la roulotte sprofondata, in molti pensarono si trattasse di un insolito incidente. Così la coppia si prendeva gioco degli stereotipi locali e poneva il pubblico, volontario e involontario, di fronte a una sorprendente dislocazione.

Veduta della mostra “Useless Bodies” di Elmgreen & Dragset. Fondazione Prada, Milano. Foto Andrea Rossetti. Courtesy Fondazione Prada_3.jpg

Altrettanto clamore e risonanza mediatica provocò, nel 2012, la presentazione di una loro opera permanente nel porto di Elsingore, cittadina a nord di Copenaghen. Si trattava di una versione alternativa e contemporanea della iconica Sirenetta danese, ovvero un Sirenetto elegantemente seduto su una roccia, battezzato dagli artisti semplicemente Han (“Lui”).

Maghi del détournement, sovvertitori di certezze e consuetudini, creatori di situazioni e immagini disorientanti, negli ultimi venticinque anni Elmgreen & Dragset hanno ridefinito con originalità e genialità il modo in cui l’arte viene esposta e fruita, spesso facendo propria la lezione del ready-made duchampiano, come nelle paradossali installazioni chiamate Powerless Structures. Tra queste, una delle più note è quella realizzata nel 2011 per il quarto plinto di Trafalgar Square, a Londra. Rivisitando provocatoriamente la classica statua equestre, la coppia ideò una scultura di bronzo alta quattro metri raffigurante un bambino su un cavallo a dondolo (Powerless Structures, fig. 101).

Veduta della mostra “Useless Bodies” di Elmgreen & Dragset. Fondazione Prada, Milano

Veduta della mostra “Useless Bodies” di Elmgreen & Dragset. Fondazione Prada, Milano

  • Courtesy Fondazione Prada

Mai dare nulla per scontato sembrano dirci Elmgreen & Dragset con i loro lavori inattesi che mirano a ribaltare l’ordinario, come la boutique d’alta moda piazzata nel 2003 nel bel mezzo del deserto texano (l’installazione permanente Prada Marfa), o lo sportello bancomat inserito in una porzione del Muro di Berlino (Statue of Liberty, 2018), o ancora, il monumentale cubo grigio che invita a sbirciarvi dentro (Memorial to the Homosexuals Persecuted under the National Socialist Regime, 2008). E dunque, per provare a rispondere a interrogativi come “What’s Left?” o “Useless Bodies?”, forse potremmo iniziare a riconsiderare i nostri schemi comportamentali, le nostre percezioni e interpretazioni e, soprattutto, la nostra presenza fisica.

Elmgreen & Dragset, fotogallery Fondazione Prada Milano

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