Giallo-blu abolito. O quasi. Rimane solo sulle divise della Polizia stradale ucraina. Lei sì, può continuare a lavorare. Deve contenere gli ardori dei giovani che si lanciano per una qualche scorribanda lungo i viali di Sinferopoli con auto sportive o potentissime moto.
Un po’ di giallo-blu ucraino rimane anche sulle targhe delle vetture. Ma i più intraprendenti l’hanno già coperto con delle bandierine della Russia o della Crimea. Da lunedì la penisola non apparterrà più a Kiev. L’opzione non è prevista sul bollettino di voto per il referendum.
La via del non ritorno è stata imboccata, e poco importa quali ne siano le modalità e la legittimità. Non c’è particolare entusiasmo. Il clima non è festoso. Truppe e milizie incutono timore. Si accetta in silenzio, con qualche reazione di nervosismo. O con aperta paura: per la minoranza tatara (circa il 13% della popolazione) il trauma della deportazione è ancora troppo fresco. Sono rientrati qui agli inizi degli anni ’90, quasi 50 anni dopo un improvviso brutale esilio in Asia centrale imposto da Stalin.
Il divorzio dall’Ucraina non è ancora stato regolato. Non si sa in che modo il rifornimento energetico verrà garantito. In che modo l’acqua verrà ancora fornita. Le nuove, ambigue, autorità della Crimea assicurano di avere una soluzione a tutto, senza andare nel dettaglio però. La Russia sosterrà la regione separatista. Non si sa bene come. Ma lo farà. Continuerà anche ad inviare qui i propri vacanzieri, sulle coste del Mar Nero. Evitando così un collasso dell’importante settore turistico regionale.
Non si sa come reagiranno le truppe russe lunedì, una volta comunicato l’esito del referendum sulla separazione dall’Ucraina. Nessuno le può contrastare. In molti temono che possano continuare le operazioni allargandosi a tutta la parte orientale del paese, con un poderoso abbraccio per i fratelli russofoni rimasti su suolo ucraino. Per cancellarne le tracce giallo-blu.
Pierre Ograbek
Gallery image - Il giallo-blu sparito dalla Crimea