Le trattative, dirette e indirette, tra Russia e Occidente alla ricerca di una soluzione per il conflitto in Ucraina sono arrivate a una fase probabilmente decisiva. Dopo il vertice di sabato a Kiev tra il presidente Zelensky e i maggiori leader europei della cosiddetta coalizione di volenterosi e dopo la proposta di una tregua di trenta giorni, il Cremlino ha lasciato uno spiraglio aperto per il dialogo, non chiudendo drasticamente, come fatto in occasioni precedenti, all’offerta fatta dall’alleanza occidentale. Vladimir Putin, intervenuto nella notte tra sabato e domenica da Mosca, ha proposto a sua volta colloqui diretti tra Russia e Ucraina a partire da giovedì 15 maggio, dopo che il suo portavoce Dmitry Peskov aveva già ha parlato di un nuovo approccio avanzato dal fronte europeo trainato da Francia, Germania e Polonia, in apparenza sostenuto anche dagli Stati Uniti, confermando che la Russia avrebbe preso in considerazione il progetto.
Tregua di trenta giorni in Ucraina
La proposta occidentale prevederebbe comunque una tregua totale di un mese a partire già da lunedì e secondo le intenzioni dovrebbe condurre a colloqui destinati a definire la cornice di un pace duratura e garantita dalla collaborazione tra Stati Uniti e Unione Europea. Secondo il capo di Stato ucraino l’offerta fatta alla Russia si inserisce in un piano d’azione comune basato su altri punti che vanno dal rafforzamento delle difese ucraine, e appunto dalle garanzie postbelliche a Kiev, all’eventualità di una nuova stretta sanzionatoria nel caso Mosca si rifiutasse di accettare seriamente. Se nei giorni e nelle settimane scorse il Cremlino aveva sempre rifiutato l’idea di un cessate il fuoco temporaneo e provvisorio che non contemplasse un accordo più ampio in cui rientrassero richieste fondamentali russe, come quelle dell’immediato riconoscimento dei territori occupati e la futura esclusione dell’Ucraina dalla Nato, ora pare che le posizioni si stiano avvicinando. Almeno in apparenza.
Verso colloqui diretti tra Mosca e Kiev
Le trattative, a vari livelli, in gran parte dietro le quinte, sia sull’asse Mosca-Washington che su quello tra Ucraina e Usa, durano ormai da quasi tre mesi, da quando c’è stato il primo approccio diretto tra Vladimir Putin e Donald Trump, dopo l’insediamento di quest’ultimo alla Casa Bianca. Incontri diretti tra delegazioni russe e statunitensi ci sono state un paio di volte in Arabia Saudita e gli inviati speciali, Kirill Dmitriev per Mosca per la Russia e Steve Witkoff per gli Usa, hanno fatto la spola per definire il terreno comune sul quale tentare di ricostruire i rapporti tra i due paesi; sul versante tra Kiev e Washington è stato raggiunto l’accordo sulle terre rare, che al di là del valore simbolico di riconciliazione dopo il disastro diplomatico della prima visita di Zelensky alla Casa Bianca, ha riportato più fiducia tra l’Ucraina e il suo principale alleato. Se per ora non ci sono stati invece colloqui tra Mosca e Kiev, la tregua di trenta giorni condivisa e la proposta di Putin potrebbero fornire condurre a un tavolo comune.
La lunga strada della diplomazia
Dopo oltre tre anni di guerra le posizioni degli attori in campo sono note, determinate in larga parte da quella che è la situazione attuale sul campo, favorevole alla Russia; se le richieste del Cremlino in vista di eventuali non sono mutate, lo è invece la posizione ucraina e anche occidentale, che al di là della retorica, non contempla più la riconquista di Crimea e Donbass e né prevede la sconfitta sul campo di Mosca. Il ruolo degli Stati Uniti è al momento ancora quello di mediazione, con Trump alla ricerca del successo diplomatico, che però necessità di una tempistica diversa da quella immaginata: la strada della diplomazia è ancora lunga e la ricerca di un compromesso complicata, con segnali positivi e negativi che si alternano da tutti i lati e che fanno parte comunque del processo di negoziazione.
Quello che è certo è che in ogni caso in questo momento la possibilità da parte di Russia e Ucraina di riprendere il filo perso a Istanbul nell’aprile del 2022 non è stata mai così vicina come adesso: allora era stato definito un piano di intesa, anche ben dettagliato, su quale in larga parte vi era accordo, andato però a gambe all’aria per varie ragioni. Non è un caso quindi che Putin abbia proposto come sede dei negoziati la capitale turca e la mediazione del presidente Recep Tayyp Erdgogan. La base per la pacificazione, a grandi linee, sarà essere la stessa di tre anni fa, tenendo conto dello status quo e delle garanzie necessarie per tutti i paesi coinvolti, con la costruzione di una nuova architettura di sicurezza europea e internazionale.

Visita a Kiev per i leader europei
Telegiornale 10.05.2025, 12:30