Ė stato condannato a 21 mesi di carcere, sospesi per un periodo di prova di due anni, l'assistente di cura 60enne a processo martedì davanti alle Assise criminali a Lugano con l'accusa di abusi sessuali su una paziente ricoverata in una clinica del Locarnese, a causa di una malattia degenerativa.
La Corte, presieduta dal Mauro Ermani, ha dichiarato che gli episodi a sfondo sessuale sono avvenuti più volte (tre quelli ammessi dall'imputato) ma nella fattispecie l'intensità degli atti non era invasiva. Ha altresì rigettato la tesi contenuta nell'atto d'accusa firmato dal procuratore pubblico Paolo Bordoli, secondo il quale i casi sono stati almeno 36 (uno a settimana da dicembre 2012 a fine agosto dello scorso anno), ritenendo il calcolo arbitrario e incompatibile con le circostanze in cui l'operatore sanitario lavorava.
La Corte non ha però creduto alla versione del 60enne di origine indiana, secondo il quale sarebbe stata la vittima stessa a richiedere determinate attenzioni. Vittima la cui versione dei fatti è invece stata ritenuta coerente e logica. La donna ha sempre ammesso il piacere per gli apprezzamenti, negando però di aver cercato attenzioni concrete.
Non truffa ma infrazione alla legge sull'AVS
Per quanto riguarda gli 80'000 franchi di contributi AVS versati sul conto della moglie, gravemente malata e attualmente in India, la Corte ha derubricato il reato da truffa a infrazione alla legge sull'Assicurazione vita e superstiti, ritenendo che l'uomo non aveva la volontà di ingannare, ma che abbia invece approfittato della situazione non dichiarando il trasferimento della consorte in un altro paese.
Gli argomenti della difesa
L’avvocato Felice Dafond si era invece battuto affinché il suo assistito, incensurato ed apprezzato professionalmente, venisse condannato per un unico episodio sessuale minore (toccamenti sulle parti intime e carezze), sottolineando l’ambiguità e l’ambivalenza della vittima. La difesa aveva altresì chiesto il proscioglimento dal reato di truffa.
LudoC.
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