Migliaia di persone - 14’000 secondo gli organizzatori - si sono radunate giovedì a Zurigo per il tradizionale corteo del 1° maggio, convocato all’insegna del motto “Insieme contro la guerra e il fascismo”. La sfilata ufficiale, partita dalla Helvetiaplatz in direzione della piazza del Sechseläuten, si è svolta in modo pacifico e senza disordini, ad eccezione di danneggiamenti isolati con spray.
Le forze dell’ordine hanno però segnalato anche la presenza di centinaia di esponenti della scena autonoma, in parte mascherate, che hanno fatto esplodere petardi. E nel pomeriggio, quando gruppi di estrema sinistra hanno indetto altre manifestazioni, non autorizzate, gli agenti hanno chiesto invano che si disperdessero. Ne sono nati scontri e la polizia ha fatto uso di gas lacrimogeni e proiettili di gomma.
“Solidarietà invece dell’odio”, ha predicato nel suo discorso l’oratrice principale, la presidente del sindacato Unia Vania Alleva, scagliatasi contro “Trump e i suoi scagnozzi” e contro chiunque anche in Svizzera “se la prende con i sindacati, le femministe e le persone LGBTQI+”.

Al centro la presidente di Unia Vania Alleva
Mentre i ricchi diventano sempre più ricchi, i redditi della maggioranza stagnano, ha detto la sindacalista, denunciando la politica della destra elvetica. L’uguaglianza sul lavoro fra uomo e donna, ha poi sottolineato, non è ancora garantita in Svizzera e non lo sarà prima del 2070 se i progressi non accelereranno. Alleva ha ricordato che malgrado una formazione una donna su due guadagna meno di 5’000 franchi al mese a tempo pieno. Nel settore del commercio al dettaglio, per esempio, rimane un divario del 17,4%. Infine, la pressione sulle spalle di alcune categorie in particolare: il personale di cura “deve ridurre il proprio orario di lavoro a proprie spese per resistere”.
Cortei per il primo maggio erano previsti anche in altre città svizzere, come Winterthur, dove è stata invitata a parlare la co-presidente del PS Mattea Meyer, e Basilea, dove in mattinata sono partiti in 3’000 dalla Messeplatz verso la Barfüsserplatz, con in testa gruppi rivoluzionari anticapitalisti e attivisti per la Palestina e in coda rappresentanti dei lavoratori e del PS. A Berna erano invece in 1’000 ad attraversare le città vecchia in direzione della Piazza federale, a Ginevra in 2’500 a sfilare, una manifestazione separata rispetto a quella dei dipendenti delle Nazioni Unite in Place des Nations.
L’altro co-presidente del PS, Cédric Wermuth, ha parlato a Liestal (BS), mentre il presidente dell’Unione sindacale svizzera Pierre-Yves Maillard era a Sentier (VD).
E di solidarietà ha parlato anche il consigliere federale socialista Beat Jans, invitato a Olten. Questo l’antidoto alle “notizie negative da tutto il mondo e alle folate che arrivano da destra”, ha dichiarato. Perché “nazionalismo e odio nei confronti dello straniero non sono mai stati la soluzione”.
RG 12.30 del 01.05.2025 Il servizi di Alan Crameri
RSI Info 01.05.2025, 12:46
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Braccianti agricoli: fino a 66 ore settimanali per 3’400 franchi al mese
Fra le categorie professionali più vulnerabili in Svizzera c’è quella dei braccianti agricoli stagionali, le cui condizioni di lavoro sono definite “medievali” da Philippe Sauvin, segretario della piattaforma per un’agricoltura socialmente sostenibile. Sono circa 10’000, e sempre più numerosi, ad arrivare dal Portogallo o dai Paesi dell’Est per brevi periodo, in particolare per la falciatura e la raccolta di frutta e verdura. Le paghe non superano in genere i 3’400 franchi al mese, da cui il datore di lavoro può detrarne ancora un migliaio per vitto e alloggio, e le settimane nei campi possono raggiungere le 66 ore. Sono i Cantoni a fare le regole: in Ticino la settimana è di 55 ore al massimo e il salario di 3’450 franchi almeno, ma nei Grigioni per esempio una retribuzione minima non è fissata. “La protezione non è insufficiente”, secondo Daniel Blättler dell’Unione Svizzera dei contadini, che cita la migliorate condizioni assicurative in caso di malattia o di infortuni, questi ultimi più frequenti che in altre professioni visto l’uso di grandi macchinari. Anche lui tuttavia riconosce che i salari sono bassi, perché sui prodotti agricoli i margini di guadagno sono bassi e i contadini ricevono solo una parte del prezzo pagato dai consumatori.