"All'autoproclamato Stato islamico (IS) non conviene attaccare il Vaticano... politicamente non ha alcun senso ...sarebbe un grandissimo sbaglio". Ibrahim Khaled, 48 anni, è l'unico sopravvissuto dei quattro palestinesi che la mattina del 27 dicembre 1985 portarono la guerra a Roma, assaltando a colpi di kalashnikov il banco delle linee aeree israeliane all'aeroporto di Fiumicino.
"Una cosa è l’esistenza di una minaccia, altra cosa la pianificazione di un attacco". E Khaled sa che non è facile guidare un attacco terroristico su Roma visto che è stato lui l'unico, e l'ultimo, a guidarne uno. Trent'anni fa.
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"Fu un errore. Non avrei dovuto condurre quell'assalto. Ma chi doveva guidarci non si presentò all’appuntamento... C’erano gli agenti del Mossad quel giorno, erano in aeroporto e ci aspettavano". Khaled Ibrahim è convinto che uomini del Mossad torneranno per vendicarsi. Dice di non avere paura ma ci chiede di riprenderlo di spalle, di non mostrarlo com’è oggi: "Chi deve uccidermi sa che faccia ho, sa anche dove trovarmi. Non serve nascondermi dai miei assassini. Ma non voglio essere riconosciuto dalla gente che incontro per strada, in metropolitana, da chi vedo tutti i giorni, e di me non sa niente... ".