Alle prime ore del mattino e a quasi 5 mesi dalle elezioni presidenziali, Bernardo Arevalo, sociologo ed ex-diplomatico, ha assunto oggi (lunedì) il comando della nazione, dopo ore di ritardo, tensioni e proteste. La sua vittoria in agosto è stata inaspettata e ha causato un terremoto in un sistema politico profondamente corrotto, seguito da continui tentativi di bloccare il candidato dall’assumere il suo mandato. Ieri, la Corte Costituzionale ha sospeso il partito “Semilla”, a cui appartiene Arevalo, un’azione per frenare i suoi membri dal far parte del consiglio direttivo del Congresso per la nuova legislatura.
Membri di “Semilla” hanno minacciato di entrare a forza nell’edificio, mentre la folla riunitasi per celebrare il nuovo presidente ha cominciato a protestare, scontrandosi con la polizia. Si sono poi aggiunte pressioni internazionali da parte di leader in America Latina e Stati Uniti. Dopo ore di alta tensione, si è riusciti a garantire il giuramento. Assente il presidente uscente Alejandro Giammattei.
Il Guatemala cambia così pagina, e le aspettative sul nuovo presidente sono molto ambiziose. Per quanto Arevalo sia figlio del primo presidente eletto democraticamente nel paese, non è considerato parte dell’establishment politico. E questo ha dato grande speranza al paese e all’estero. Ma le problematiche con cui si scontrerà saranno straordinarie. Secondo l’organizzazione Transparency International, che monitora il livello di corruzione in ogni paese, il Guatemala si trova al centocinquantesimo posto su un totale di cento ottanta paesi considerati. Domina ogni ambito dell’economia e si collega alla dilagante violenza di bande criminali, tanto che il Guatemala rientra nella lista dei venti paesi più violenti al mondo. Alla mancanza di prospettive e di sicurezza, si aggiungono devastanti perdite causate da fenomeni naturali, in particolare i tifoni, sempre più violenti a causa dei cambiamenti climatici. E per questo sempre più persone decidono di lasciare il paese.
Un alleato per gli Stati Uniti
Gli Stati Uniti hanno un profondo interesse a trovare un alleato in uno dei paesi che maggiormente esportano emigrazione. Dopo aver implementato politiche di maggiore chiusura delle frontiere e un’enorme pressione sul Messico, che ha militarizzato i propri confini, gli Stati Uniti cercano soluzioni direttamente nei paesi di partenza.
La crisi migratoria negli Stati Uniti ha creato nuovi conflitti non solo tra Democratici e Repubblicani, ma tra Democratici stessi. E la crescita del numero di persone che si accalca alla frontiera sembra inarrestabile. Solo lo scorso mese si sono registrati per la prima volta quasi 300.000 migranti passare la frontiera illegalmente.
Migrare è una decisione tutt’altro che facile. Nonostante molte persone contino sull’appoggio di familiari che vivono negli Stati Uniti, per partire bisogna innanzitutto avere risparmi perché il cammino è costellato di estorsioni. La condizione di estrema vulnerabilità li rende target di gruppi criminali che non esitano a rapire, abbandonare o addirittura uccidere i propri “clienti” se qualcosa va storto. I migranti lo sanno, raggiungere il sogno americano passa per un incubo che nessuno di loro vorrebbe vivere. C’è da aspettarsi che il nuovo presidente affronterà la questione cercando appoggio soprattutto finanziario negli Stati Uniti, ma trovare soluzioni sarà un lavoro che andrà ben oltre il lavoro di una singola amministrazione.

Guatemala, si insedia il presidente
Telegiornale 14.01.2024, 12:30